Corriere della Sera

Puccini, l’opera si trasforma nel set di un film

- di Gian Mario Benzing

Cameraman in scena, a riprendere dal vivo dettagli e primi piani, proiettati poi su grande schermo. La fanciulla del West di Puccini non è solo un’opera western: il nuovo allestimen­to del Regio di Torino (fino al 2 aprile, regia di Valentina Carrasco) la rimodella come film western. Inglobata in un set, con effetti di luci e colori cinematogr­afici, controcamp­i e visioni originali. Il prezzo da pagare, però, è quello del «teatro nel teatro», espediente trito e rischioso. C’è sempre un diaframma ad allontanar­e la «verità» della scena. Dalle interazion­i del finto regista e della finta costumista alle proteste-gag degli indiani con cartello «Native lives matter», sembra tutto un prendere le distanze dall’opera in sé.

Sia quando lo schermo replica (poco utilmente), sia quando sdoppia la visuale, i mille dettagli — i cercatori d’oro, il bandito spiato nel suo nascondigl­io, le gocce di sangue sulla mano, le carte del poker... — non aggiungono poi molto a ciò che testo e musica già esprimono, distraendo chi guarda dalla scena «reale». Sulla quale, quanto a voci, il setaccio non raccoglie, poi, grosse pepite, vuoi per gli acuti ruvidi di Minnie (Jennifer Rowley), vuoi per un Jack Rance qua e là molto caricato (Gabriele Viviani). Cresce, invece, via via, per tensione e saldezza, Roberto Aronica (Ramerrez); mentre il direttore, Francesco Ivan Ciampa, più che a certi tagli novecentes­chi dà spazio all’empito lirico della partitura, suscitando, anche nel duttile Coro, nostalgie soavi, fluidi crescendo e freschezza di «primi piani» timbrici, come sul re maggiore dei «prati di giunchigli­e»...

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