Ilaria, dai sorrisi alla sfida: «Mostrate le foto in manette» Poi il verdetto e la delusione
Nella capitale ungherese era pronto un appartamento per ospitarla Ora dovrà restare in cella almeno altri due mesi. La foga del pm
In Ungheria esiste una concezione più afflittiva della custodia cautelare rispetto alla nostra Costituzione, ma politicizzare la questione è sbagliato Francesco Paolo Sisto vice ministro alla Giustizia
Non vedo la necessità di candidare Ilaria Salis. Faremmo un danno a lei se ne parlassimo in questi termini, perché deve avere la possibilità di difendersi Marco Pellegrini capogruppo M5S Commissione Difesa
Il presente e il futuro di Ilaria Sa lisso no ancora sbarre e catene. Le sbarre dell’ antico carcere di Gyorskocsi utca, nel quale dovrà restare detenuta almeno per i prossimi due mesi, ma probabilmente fino alla fine del processo; le catene e i lucchetti che le serrano mani e piedi quando arriva nell’aula 97 al primo piano del palazzo di giustizia, legata in vita al guinzaglio tenuto dalle secondina che l’ accompagna. Entrambe scortate da due uomini dai volti coperti dai passamontagna, completi di manganelli e giubbotti antiproiettile. « Esecuzione della pena» è scritto sui loro distintivi, mala trentanovenne insegnante italiana non sta scontando alcuna pena; è in custodia cautelare per un’accusa grave ma ancora non c’è stata alcuna sentenza nei suoi confronti. Tuttavia il trattamento previsto dal sistema ungherese è questo, e le ice rcadi reagire col sorriso; all’ inizio forse indi cedi speranza ma a fine udienza certamente cari codi delusione trattenuta a forza, dopo il verdetto che la lascia in carcere.
Resta il tempo per un saluto a mani per forza congiunte verso qualche volto amico in fondo all’aula, l ’abbraccio a papà Roberto e mamma Roberta e l’appuntamento alla prossima visita, tra un mese o forse due. Nel frattempo potranno ancora parlare al telefono per 70 minuti a settimana ( una media di dieci minuti al giorno) e avere due ore di videoconferenza, da dividere con il fidanzato.
C’ è sconforto pensando all’ idea che potevano arrivare gli arresti domiciliari nell’alloggio di Budapest visitato giusto ieri sera dai genitori, dov’era tutto pronto insieme alla cauzione da 40.000 euro da versare allo Stato ungherese. Invece niente, Ilaria torna i n galera, sempre tenuta al guinzaglio e ai piccoli passi consentiti dai ferri che le uniscono i piedi, i n mano una borsa di tela con qualche carta ed effetto personale.
Prima del verdetto
Quando arriva in aula, i capelli lunghi sciolti sulla camicetta a fiori, ha già scritto e firmato la dichiarazione che autorizza « la stampa italiana a pubblicare immagini che mi ritraggono con le manette e
tutte le catene che eventualmente decideranno dimettermi », sapendo che così sarebbe andata. È la sua risposta, e un po’ anche la sua sfida, alla legge che prevede questi vincoli ma anche il divieto dimostrarli senza il consenso dell’ interessato. Che tutti vedano, replica lei. Soprattutto in Italia, e soprattutto chi sta al governo e aveva consigliato di seguire la strada della richiesta dei domiciliari in Ungheria, subito sbarrata dal giudice Jozsef Sos.
Prima di decidere, il giovane magistrato fa ad Ilaria alcune domande, a cui l’imputata risponde attraverso l’interprete. « Ho una laura magistrale in lettere classiche — dice a voce bassa sempre attenta a non andare oltre il consentito — non sono sposata e non ho figli. Prima di entrare in carcere ho insegnato in un liceo e guadagnavo 1.400 euro al mese. Vivevo da sola, e stando qui ho dovuto rinunciare a offerte di lavoro e a un concorso per un posto a tempo indeterminato. Ho piccoli precedenti penali in Italia con pena sospesa, ma si tratta di condanne per reati di più di dieci anni fa, talmente lievi che non è previsto il carcere » .
Quei « piccoli precedenti » saranno uno dei motivi citati dal giudice per negare i domiciliari. Insieme al riassunto delle precedenti, stringate dichiarazioni in cui Ilaria ha negato le accuse per cui è detenuta: partecipazione a tre aggressioni che hanno provocato l esioni « potenzialmente mortali » alle vittime. È questo che, con foga, ricorda il pubb li comini stero donna che chiede di respingere ogni misura alternativa al carcere per un’imputata di reati così gravi, sospettata di far parte di un’ associazione criminale transnazionale che potrebbe fuggire in ogni momento. Alla pm replica il difensore ungherese Balint Gyene: « Ilaria Salis non è accusata di aver inferto alcuna lesione potenzialmente letale, e dell’esistenza dell’ associazione criminale dobbiamo ancora discutere nel processo ».
Lo sfogo del papà
L’insegnante italiana assiste a questo botta e risposta e forse intuisce che la fiducia confidata ai genitori nella visita del giorno prima no nera così fondata. All’avvocato che le pone alcune domande nella speranza di convincere il giu
In aula « Sono pronta a collaborare con le autorità ungheresi sulla custodia cautelare »
dice risponde con sicurezza: « Sono disposta a indossare il braccialetto elettronico e rimanere nella casa individuata per gli eventuali arresti domiciliari, nonché a collaborare con l e autorità ungheresi » . Poi precisa: « Per le condizioni di custodia » . Aggiunge che le è stato proposto di lavorare a distanza come volontaria per una Onlus, cosa che potrebbe fare dagli arresti domiciliari: « In Italia, durante la pandemia, l’ho già fatto » .
Seduti s u una panca al l e sue spalle, i genitori ascoltano e sperano. Ma quando il giudice illustra la propria decisione — senza ritirarsi nemmeno un minuto in camera di consiglio, dando così l ’ i mpressione di una scelta già fatta — e il traduttore dice « richiesta respinta » , sull’ingegner Roberto Salis ripiomba il pessimismo dei giorni peggiori. Ha un moto di stizza che non riesce a celare e si precipita fuori dall’aula, a sfogare da solo il momento di rabbia. Poi si riaccomoda accanto alla moglie e a fine udienza eccolo di nuovo vicino alla figlia incatenata prima che la portino via. Sorridente lei, molto meno lui: « Ora ci inventeremo qualcosa, ma io devo tirarla fuori da lì e lo farò » .