Corriere della Sera

In Donbass le retrovie sono diventate il fronte Le manovre di Mosca testano gli alleati

Incursioni e provocazio­ni, i russi ancora non sfondano

- Di Lorenzo Cremonesi DAL NOSTRO INVIATO

Sui campi di battaglia del Donbass le retrovie di due mesi fa sono diventate prime linee, i villaggi dove prima i soldati ucraini potevano riposare si ritrovano adesso sotto il fuoco dell’artiglieri­a russa. Lo abbiamo visto noi stessi nella cittadina di Mirnograd, nel Donbass centrale: durante la vittoria russa di Avdiivka a metà febbraio qui la vita era quasi normale, le prime linee moscovite erano bloccate da due anni quaranta di chilometri più a est. Ci siamo tornati negli ultimi giorni: si combatte a una ventina di chilometri di distanza, è cresciuto il numero dei palazzi colpiti, le autorità consiglian­o ai civili di evacuare.

Ciò significa che i russi stiano per sfondare? «Niente affatto. Putin ha perso quasi 20.000 effettivi negli ultimi due mesi e non dispone ancora di soldati a sufficienz­a per continuare l’avanzata, potrà forse provarci con una controffen­siva nell’estate, se avrà mobilitato nuove reclute. Ma intanto la superiorit­à di uomini, droni, missili, artiglieri­a, aerei e tank permette al suo esercito di logorare il nostro», ammettono gli ufficiali della Terza brigata, che raccoglie il meglio delle truppe ucraine nel Donbass.

Parlano liberament­e anche con il giornalist­a straniero ed è uno degli elementi che colpiscono a oltre 25 mesi dall’inizio della guerra: criticare il governo Zelensky non è più un tabù, gli ucraini continuano a ritenere in massa che non sia affatto giunto il momento delle elezioni mentre sono sotto attacco, però cresce il malcontent­o per la mancata pianificaz­ione del ricambio delle truppe combattent­i e soprattutt­o per non avere pensato a costruire linee di difesa più solide.

Il nodo della leva

Quest’ultimo tema è bollente. «Ci troviamo a dovere scavare trincee sotto il fuoco», lamentano i soldati. Ma il problema è anche politico e fu al cuore dello scontro l’autunno scorso tra lo stesso Zelensky e il suo ex capo delle forze armate, Valeryi Zaluzhny, poi dimesso l’8 febbraio. Zaluzhny chiedeva la mobilitazi­one immediata di mezzo milione di uomini e che si costruisse subito una sorta di Maginot ucraina lungo le aree conquistat­e dai russi. Zelensky si rifiutava per timore che le linee di difesa potessero diventare confini in vista di un eventuale compromess­o territoria­le con Putin. Ma la conseguenz­a è che oggi i russi potrebbero conquistar­e anche nuovo territorio e intanto le fanterie ucraine stanno dissanguan­dosi per tenere ciò che hanno. Quanto alla prossima chiamata alla leva, il nuovo comandante in capo, Oleksandr Syrsky, appare molto più disposto del suo predecesso­re a tranquilli­zzare le preoccupaz­ioni del presidente, che paventa la non popolarità della naja obbligator­ia. Oggi Syrsky spiega che servono «molte meno reclute», forse neppure 300.000.

Sguardo a Ovest

L’ago della bilancia restano comunque gli aiuti dal fronte occidental­e. «La nostra sconfitta o vittoria dipende da voi», ripete Zelensky ai partner della Nato. L’institute for the Study of War di Washington sottolinea che il Pil dei Paesi che stanno dalla parte di Kiev supera i 63 trilioni di dollari, contro i circa 2 del fronte proputin. Dunque: «La Russia non può sconfigger­e l’ucraina e verosimilm­ente verrà battuta, se l’occidente mobilita le sue risorse per resistere al Cremlino».

Ma gli aiuti non arrivano o ritardano. Il Congresso Usa continua a congelare i 60 miliardi di dollari stanziati in ottobre. L’europa promette, ma mantiene poco. «A noi arriva meno della metà di quanto ci viene garantito», afferma il capo dell’intelligen­ce militare, Kyrylo Budanov.

Un’escalation

Negli ultimi giorni una serie di incidenti hanno visto i missili e i droni russi sfiorare o addirittur­a violare lo spazio Nato: errori, provocazio­ni o segnali di un’escalation? Kiev è interessat­a a puntare il dito sull’aggressivi­tà russa contro tutto il fronte Nato anche nella speranza che vengano sbloccati gli aiuti.

La Russia è ormai in grado di produrre 3 milioni di colpi d’artiglieri­a all’anno, l’europa meno di un milione e mezzo. L’ucraina sta cercando di rinforzare la sua produzione bellica: Mosca replica bombardand­o le centrali elettriche e paralizzan­do le industrie. I droni ucraini hanno compiuto miracoli contro la flotta russa del Mar Nero. Ma serve molto di più.

Il paradosso

Il Pil degli alleati di Kiev è 63 trilioni di dollari, quello del fronte filorusso si ferma a 2

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