Corriere della Sera

C’è anche il «compagno Rancore» Faide, epurazioni e vendette nel grande risiko delle liste pd

Da Lotti a Provenzano, le «vittime» delle battaglie per i posti alle elezioni

- Di Tommaso Labate

ROMA «La vecchia scuola insegnava una cosa fondamenta­le. Quando si fanno le liste, l’unica persona che devi tenere fuori dalla porta è il compagno Rancore», ebbe a commentare in privato il vecchio custode dell’ortodossia postcomuni­sta Ugo Sposetti, già senatore del Pd, quando seppe che dalle liste del partito per le Politiche del 2022 era stato depennato il nome di uno che pure gli stava antipatico e col quale aveva battagliat­o per anni, l’ex renziano Luca Lotti. La personific­azione dell’astio e della vendetta personale — col carico di frustrazio­ni scaricate sulle liste elettorali a partire dalla Seconda Repubblica perché nella Prima (dove pure nei partiti ci si odiava tanto a vicenda) un po’ non usava, un po’ con le preferenze erano difficili da praticare — tornarono a materializ­zarsi nel quartier generale del Nazareno nell’estate del 2022 anche perché, a depennare Lotti, quella volta era stato un ex depennato, Marco Meloni, messo da Enrico Letta a fare il guardiano delle candidatur­e anche in virtù della sua vecchia estromissi­one, per mano del Lotti di cui sopra, dalle candidatur­e delle elezioni precedenti.

Lo show in corso nel Partito democratic­o sulle liste per le Europee — maggioranz­a contro minoranza, mozione Schlein contro mozione Bonaccini, candidati della società civile contro politici tout court e viceversa, chi fa il capolista e chi scala dietro — rappresent­a per il centrosini­stra un eterno ritorno dell’uguale. Mobile come la celebre donna del Rigoletto, con assetti di potere che mutano come piume al vento, il tavolo delle liste risente di quel vecchio adagio riciclato nella contempora­neità come scritta sui muri dei cimiteri, «noi fummo ciò che voi siete / voi sarete quello che noi siamo», con la differenza che per fortuna nel Pd sono tutti vivi: ex esponenti della minoranza diventati maggioranz­a, pronti a depennare chi li aveva depennati; ed ex capi in testa poi relegati al rango di spettatori, pronti a essere castigati con quel tratto di penna con cui la volta precedente avevano castigato.

Con Renzi leader del Pd, nel 2016, era sparito dal Parlamento un pezzo della sinistra del partito, compresi molti di coloro che oggi hanno guadagnato la ribalta. Su tutti, tanto per fare un nome, Peppe Provenzano, che nella notte della chiusura delle candidatur­e per le Politiche del 2018 venne retrocesso in posizione non eleggibile nella circoscriz­ione Sicilia 1 a causa del sorpasso in extremis — agevolato dai renziani — di Daniela Cardinale, figlia dell’ex ministro Salvatore, detto Totò. Nel giro successivo, Provenzano è ai vertici del Pd; e chi l’ha fatto fuori è scomparso, dalle liste e dai radar.

Nell’epoca Bersani, a ridosso del Natale 2012, si era consumato in una notte lo scontro con i renziani, usciti sconfitti dalla contesa per la premiershi­p. A farne le spese, tra i tanti, l’ex sindaco di Piacenza (e acerrimo nemico di Bersani stesso sul territorio) Roberto Reggi, che aveva guidato la campagna del rottamator­e alle primarie di qualche mese prima. Anche un pezzo della società civile entrato in Parlamento col primo Pd del 2008 salutava per sempre il corridoio dei passi perduti di Montecitor­io. Per esempio il giornalist­a Andrea Sarubbi, che considerat­o (e ormai considerat­osi) «bruciato» dopo un sola legislatur­a, chiese polemicame­nte: «La società civile serve solo finché è vergine?».

Tema che ritorna di grande prepotenza, ma declinato all’inverso, oggi che nelle liste per le Europee preferite da Elly Schlein la società civile si riprende posti che aveva perso, con le tante voci che rincorrono giornalist­e a giornalist­i di fama (Lucia Annunziata e Marco Tarquinio), filantropi acclamati (Cecilia Strada) e chi più ne ha più ne metta. La replica di uno show antico quanto il Pd, praticamen­te. Anche se Pina Picierno, che a Bruxelles era stata mandata per la prima volta nel 2014 forse contro la sua stessa volontà e che oggi rischia di retroceder­e in posizioni di rincalzo, lamenta lapidaria che «il Pd non è l’isola dei Famosi». Forse.

 ?? ?? Ugo Sposetti Ex deputato ed ex senatore, 77 anni, la sua ultima legislatur­a a Palazzo Madama è stata la XVIII. È entrato in politica con il Pci ed è stato tesoriere dei Ds. Alle primarie del Pd nel 2023 ha sostenuto la mozione Schlein
Ugo Sposetti Ex deputato ed ex senatore, 77 anni, la sua ultima legislatur­a a Palazzo Madama è stata la XVIII. È entrato in politica con il Pci ed è stato tesoriere dei Ds. Alle primarie del Pd nel 2023 ha sostenuto la mozione Schlein
 ?? ?? Giuseppe Provenzano Deputato dal 2022, 41 anni, ex vicesegret­ario del Pd, ministro per il Sud e la Coesione territoria­le nel Conte II: alle Politiche 2018, con la segreteria Renzi, fu candidato in posizione non eleggibile
Giuseppe Provenzano Deputato dal 2022, 41 anni, ex vicesegret­ario del Pd, ministro per il Sud e la Coesione territoria­le nel Conte II: alle Politiche 2018, con la segreteria Renzi, fu candidato in posizione non eleggibile
 ?? ?? Luca Lotti Ex deputato del Pd, 41 anni, sottosegre­tario con deleghe all’informazio­ne e all’editoria con Renzi e ministro dello Sport con Gentiloni: con la segreteria Letta il suo nome sparì dalle liste dem per le Politiche 2022
Luca Lotti Ex deputato del Pd, 41 anni, sottosegre­tario con deleghe all’informazio­ne e all’editoria con Renzi e ministro dello Sport con Gentiloni: con la segreteria Letta il suo nome sparì dalle liste dem per le Politiche 2022

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