Da Betlemme al Sepolcro luoghi santi vuoti I giorni di paura dei cristiani palestinesi
Pizzaballa: il conflitto a Gaza aumenta l’odio
«Di solito a Pasqua, qui davanti alla Basilica della natività — racconta il sindaco di Betlemme —, non si riesce neppure a camminare. Arrivano cinquantamila pellegrini al giorno. E ora? Ci si può passare il pomeriggio davanti alla mangiatoia di Gesù bambino, tanto non c’è nessuno».
La guerra che sta insanguinando Gaza ha cambiato la vita anche ai palestinesi di Cisgiordania. L’occupazione israeliana dei Territori Palestinesi è diventata più aspra, sospettosa e violenta. Venerdì Santo a Gerusalemme c’erano un centinaio di persone al Santo Sepolcro invece delle solite migliaia. Perché? Non è solo un problema di pellegrini impauriti dalla guerra, ma anche di palestinesi cristiani, come musulmani, che non hanno il permesso da Israele per spostarsi. «Io vivo a Betlemme — racconta Yusuf, nell’unico negozio di souvenir aperto su centinaia — e tutti gli anni andavo a Gerusalemme per Pasqua. Sono 20 minuti di auto, ma quest’anno mi hanno negato il lasciapassare e francamente con quei fucili sempre puntati addosso ho anche paura».
«Sono stati cancellati i permessi di lavoro in Israele e ridotti i varchi tra Palestina e Stato ebraico — spiega il sindaco —. Israele non consegna le tasse che ci deve e noi non possiamo pagare i dipendenti pubblici. Gli Stati Uniti hanno interrotto i contributi all’agenzia dell’onu per i rifugiati (Unrwa) e così anche la situazione nei campi profughi è sempre più difficile. Ogni occasione è buona per rendere impossibile la vita a noi palestinesi».
Il sindaco di Betlemme è per legge un cristiano, ma Salman si definisce «sotto l’ombrello di Fatah» il partito anti Hamas. «La Basilica della Natività è calma, ma se continua così, entro l’estate non saremo più in grado di dare alcun servizio».
Papa Francesco ha scritto ai «cattolici di Terra Santa». «Ogni giorno prego per voi. Grazie per la vostra testimonianza di fede nella Terra santa dove volete restare e dov’è bene che possiate restare». Invece la comunità cristiano-palestinese si assottiglia. Chi può emigra. «Se hai un’alternativa, perché restare in questa prigione?» si chiede Yousuf.
La Custodia dei luoghi santi affidata ai frati Francescani fa molto, ma non può tutto. Tommaso Merlo, della Ong Pro Terra Sancta, ha i dati di un aumento vertiginoso della povertà «che tamponiamo come possibile». Padre George Haddad, preside del Terra Santa College (1.300 studenti equamente divisi tra cristiani e musulmani), va al cuore della questione. «Vedere settimane e mesi di bombe su Gaza ha traumatizzato gli studenti. “I prossimi saremo noi?” chiedono. Rabbia e frustrazione possono sfociare nella violenza. “Vogliamo tirare i sassi ai check point israeliani” mi hanno detto alcuni. Venite a scuola piuttosto, ho risposto io. Fatelo anche per i vostri coetanei che a Gaza non possono studiare. La cultura, non la violenza, deve essere la vostra resistenza».
Amina, una studentessa, racconta di un drone israeliano caduto sulla sua casa, a Betlemme. «Era notte e dormivamo. I soldati israeliani per recuperarlo non hanno suonato il campanello, ma hanno fatto saltare la porta e ci hanno puntato i mitra sui letti».
Il Patriarca di Gerusalemme, cardinale Pierbattista Pizzaballa ripete dal primo giorno che «morte e distruzione a Gaza aumentano solo odio e rancore. Questa violenza insensata va fermata». Non c’è riuscito l’onu per il Ramadan, non ce l’ha fatta neppure lui per Pasqua.
Il sindaco
«Davanti alla Basilica della Natività di solito non si passa per la folla Oggi non c’è nessuno»