Corriere della Sera

La Veglia del Papa con seimila fedeli

Bergoglio a San Pietro legge l’omelia. «Gli aneliti di pace sono spezzati dalla crudeltà dell’odio»

- Gian Guido Vecchi

CITTÀ DEL VATICANO Le «macerie del fallimento», i «macigni della morte». Viviamo un tempo spietato che fa disperare, come «in tutti gli aneliti di pace spezzati dalla crudeltà dell’odio e dalla ferocia della guerra», eppure è la Veglia di Pasqua e il Papa è arrivato a San Pietro per dire che il male non ha l’ultima parola, si celebra la Resurrezio­ne e Francesco ha voluto esserci. «Ecco la Pasqua di Cristo, la forza di Dio: la vittoria della vita sulla morte, il trionfo della luce sulle tenebre, la rinascita della speranza».

Francesco ha passato la giornata a Santa Marta, si è riposato in vista della celebrazio­ne serale. Venerdì sera aveva rinunciato all’ultimo momento alla Via Crucis al Colosseo, dopo due ore di Messa pomeridian­a era tornato a casa affaticato. Ha risparmiat­o le forze per la Veglia di ieri sera e la Messa di Pasqua di stamattina, seguita dalla benedizion­e Urbi et Orbi con il tradiziona­le messaggio planetario nel quale ripercorre­rà i dolori del mondo e chiederà la fine delle guerre, dall’ucraina alla Terra Santa.

La salute di Bergoglio è sotto controllo costante, con controlli periodici per via dei problemi respirator­i. Del resto è un uomo di 87 anni, con tutte le fragilità della sua età, che ha imparato ad essere prudente. Ieri sera aveva ancora l’aria un po’ stanca, si schiariva la voce talvolta un po’ affannata e fioca, ma ha presieduto la celebrazio­ne e letto i passi liturgici, le orazioni e l’omelia prima di battezzare otto neofiti.

Francesco era determinat­o a celebrare, nella sera in cui la basilica rimasta al buio dall’ora della Passione torna ad illuminars­i. Davanti a seimila fedeli, ha incentrato la sua riflession­e a partire dalle donne che all’alba, nel racconto evangelico, vanno al sepolcro e pensano sia tutto finito, «chi ci farà rotolare via la pietra dall’ingresso del sepolcro?».

Sono i macigni che tutti sperimenta­no, ha detto, «nelle sofferenze che ci toccano e nelle morti delle persone care, nei fallimenti e le paure, in tutte le chiusure che frenano i nostri slanci di generosità, nei muri di gomma dell’egoismo e dell’indifferen­za, in tutti gli aneliti di pace». Ma «quelle stesse donne che avevano il buio nel cuore ci testimonia­no qualcosa di straordina­rio: alzando lo sguardo, osservaron­o che la pietra era già stata fatta rotolare, benché fosse molto grande». Per questo «nessun fallimento potrà relegarci nella disperazio­ne», ha concluso: «Il Signore è Dio dell’impossibil­e».

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