Il genio di Pablito E l’italia del calcio urlò fino all’ultimo cielo
Una delle prime pagine storiche in edicola il 3 e il 4
«Senti Rossi, tu salta e spara», così scrive l’inviato del Corriere della Sera, Paolo Bugialli, gran cronista, riportando le parole del presidente della Repubblica, Sandro Pertini a Paolo Rossi, il Pablito nazionale. «E ricordati Rossi... io sono pacifista, ma tu salta e spara». Quanto ha saltato Paolo Rossi, la bandiera tricolore del gol azzurro, per la gioia delle sue imprese e per evitare, come consigliato da Pertini, le entrate killer dei difensori che non avevano altro modo per fermare Rossi. Niente da fare, superava l’avversario neutralizzandolo nelle sue tentazioni maligne e poi «sparava» in porta, di tocco fine, furbo, sempre nella posizione giusta, beffando il portiere (...).
Paolo Rossi è stato un rivoluzionario in quel ruolo e la conquista del potere del gol, unico per l’incontenibile felicità che regala (basta pensare all’urlo di Marco Tardelli che ancora adesso è il simbolo della gioia sportiva, quella corsa sbraitante ha fatto il giro del mondo e non si è fermata, il grande Tardelli continua a correre e urlare in spot, foto, docufilm, talk televisivi), l’ha proprio realizzata in quei giorni spagnoli di un mitico luglio 1982. Paolo non c’è più maledizione, ma quei gol, nati di nascosto, realizzati cogliendo di sorpresa l’avversario, ci fanno compagnia, rimangono nel nostro cuore, nelle nostre menti, addirittura ci piace farli vedere, tramandarli e mostrarli ai nostri ragazzi, perché sappiano che un giovane come loro che ha sofferto, per infortuni, menischi rotti e ginocchia saltate, per ferite dell’anima mai confessate, vissute dentro se stesso con compostezza ed eleganza, ha fatto felice un Paese intero.
Memoria
Paolo non c’è più, maledizione, ma quei gol, nati di nascosto, realizzati cogliendo di sorpresa l’avversario, ci fanno compagnia, rimangono nel cuore