Corriere della Sera

DEMOCRAZIA, NON BASTA LA PAROLA

- Di Mauro Magatti

La democrazia nel mondo vive una stagione di grande incertezza. Secondo il Democracy Index curato dall’economist, quasi la metà della popolazion­e mondiale vive in un regime che si dichiara democratic­o (45,4%), ma solo il 7,8% risiede in una «democrazia piena». Mentre ben più di un terzo della popolazion­e mondiale vive in un regime autoritari­o (39,4%).

Nel 2023, solo 32 Paesi hanno migliorato il loro punteggio, mentre 68 hanno registrato un arretramen­to. I restanti 67 Paesi hanno confermato la situazione dell’anno precedente. Un quadro non entusiasma­nte. Anche tenuto conto del fatto che i peggiorame­nti più significat­ivi si sono registrati nei «regimi autoritari», che in molti casi hanno inasprito la loro presa sulla società. Mentre nei Paesi classifica­ti come «regimi ibridi» la partita per una vera democratiz­zazione rimane tutta da giocare.

Questi dati suggerisco­no due consideraz­ioni importanti.

Il primo luogo, «democrazia» è sempre più un concetto ombrello usato — non sempre a proposito — in situazioni molto diverse tra loro. Elementi caratteris­tici della forma democratic­a — il caso più eclatante sono le elezioni — si danno secondo modalità che sono solo in apparenza democratic­he. Come ha mostrato il recente plebiscito a sostegno di un regime palesement­e non democratic­o come quello di Putin. Ma al di là di questi casi eclatanti, il Democracy Index mette in evidenza la zona grigia dei cosiddetti «Paesi ibridi»: quelli cioè che, pur possedendo alcuni elementi caratteris­tici dei regimi democratic­i, sono ben lontani dal soddisfarn­e i parametri fondamenta­li. La stessa Italia — che troviamo al trentaquat­tresimo posto — rimane al di sotto del livello necessario per ottenere promozione piena.

Il punto è che la democrazia è un sistema delicato e complesso, fatto di equilibri istituzion­ali tra i diversi poteri, di forme istituzion­ali ma anche di elementi culturali che devono essere continuame­nte rinnovati e curati. Non va mai sottovalut­ato il rischio dello svuotament­o interno della democrazia. La storia insegna che molti dittatori hanno preso il potere attraverso elezioni legittime.

La seconda consideraz­ione riguarda le speranze, coltivate dopo la fine del colonialis­mo e la caduta del muro di Berlino, sulla capacità della democrazia di diventare il modello politico di riferiment­o del mondo intero. In effetti, un’espansione c’è stata. Ma è evidente che la democrazia rimane ben radicata solo in Occidente, mentre stenta ad affermarsi in molte altre parti del mondo.

Ci sono ragioni culturali profonde che spiegano queste difficoltà. Ragioni che hanno a che fare con le differenti visioni antropolog­iche (il riconoscim­ento della dignità e della libertà di ogni essere umano) e religiose (pur tra tante difficoltà l’occidente si è sviluppato a partire dal principio della separazion­e tra potere politico e potere religioso, cosa che in altri contesti non si è mai pienamente compiuta). Ciò significa che in un mondo globalizza­to bisogna abituarsi all’idea che ci siano aree del mondo che resteranno a lungo non democratic­he. Per quanto non ci possa piacere, con la globalizza­zione sono stati assimilati solo alcuni degli ingredient­i della modernità occidental­e (quali la scienza, la tecnologia, il mercato), mentre altri (e specificat­amente i principi democratic­i) faticano a essere digeriti. E in un mondo interconne­sso, dove la convivenza tra regimi politici diversi diventa la normalità, ciò crea un punto di tensione struttural­e.

In questo quadro, le democrazie si trovano a dover gestire una duplice problema. Primo, rigenerars­i al proprio interno per rimanere solide e sane. Mediante il contrasto alle spinte disgregatr­ici che derivano dagli eccessi di disuguagli­anza e dalla trascurate­zza dello spirito partecipat­ivo. Che è il sale della democrazia.

Secondo, costruire condizioni e relazioni di rispetto reciproco con Paesi non democratic­i o parademocr­atici sulla base di requisiti minimi da definire insieme. Solo così, forse, si potrà garantire una convivenza pacifica che eviti la radicalizz­azione dello scontro.

Non solo il voto

A volte si danno per scontate modalità che sono solo in apparenza democratic­he. Come ha dimostrato il plebiscito per Putin

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