«Assistenza a casa per gli anziani? I soldi non bastano»
La legge per l’assistenza domiciliare agli anziani fragili pare una beffa. Il decreto attuativo, diventato operativo giorni fa, destina pochi spiccioli a solo 26 mila over 8o poveri o con Isee di max 6 mila euro l’anno; 26 mila su 2 milioni e mezzo, vanificando promesse annunciate usufruendo persino dell’incoraggiamento del Vaticano. Tanto è vero che il compito di pianificare la riforma promessa da decenni era stato affidato dal premier di allora a una commissione straordinaria presieduta dall’arcivescovo Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia accademia per la vita, e composta da esponenti del mondo sindacale e assistenziale. L’incarico principale era quello di assicurare un’ampia mano pubblica a tempo pieno a casa degli anziani aiutandoli nei quotidiani bisogni di salute, socialità e cura personale. Si prefigurava l’avvio di una campagna corale di soccorso per sanare condizioni di disagio e migliorare la qualità della vita, un’azione sociosanitaria a domicilio e un piano finanziario comprendente i caregiver familiari. E non si è partiti da zero perché il governo Draghi aveva varato in extremis di mandato una legge delega sulla non autosufficienza degli anziani e basata su un progetto di solidarietà ripreso e rilanciato dalla Meloni. Ma nel decreto pubblicato non c’è quasi nulla di ciò che la legge proponeva, soprattutto perché, senza prevedere soldi subito, si rinviano eventuali atti da «promuovere» alle calende greche. Eppure la legge è fra gli obiettivi del Pnrr: al primo posto la domiciliarità dei servizi e l’innovazione della prestazione sociosanitaria. Come dice il proverbio, senza denari non si canta messa.
Romano Bartoloni, Roma