PERCHÉ LA CHIESA CATTOLICA NON È MAI DAVVERO IN CRISI
secondo uno studio pubblicato in questi giorni, l’italia vede le sue chiese ormai vuote. Sono le donne, tradizionalmente «roccia» della Chiesa, ad abbandonare di più la fede. Come siamo arrivati a ciò (chiese e seminari vuoti), nonostante la Chiesa cattolica abbia avuto negli ultimi decenni Pontefici straordinari, come Wojtyla e Bergoglio? La Chiesa nel tempo ha perso la sua unicità, che la distingueva e sollevava sopra qualunque potere temporale di passaggio. Ha abbandonato quasi del tutto il senso del sacro. Tutti ricorderanno, durante la pandemia, papa Francesco in piazza San Pietro, solo, a benedire il mondo con l’ostensorio. Persino Enrico Mentana, che non è un sentimentale, in quella occasione fece una delle sue maratone. Una volta i «Vespri» erano una normalità. In questa unicità perduta, la Chiesa ha perso anche quel suo innalzarsi sopra le parti. Papa Bergoglio dimostra ancora questa unicità quando richiama, purtroppo inascoltato, la Pace. Per il resto, la Chiesa si è conformata al mondo.
Stefano Masino, Asti
DCaro Stefano, a una parte lei ha ragione. Le chiese della nostra infanzia erano gremite. Per vederne di simili, oggi dobbiamo andare in Polonia. Il Nord Europa è del tutto scristianizzato. Ogni volta che lo scrivo ricevo lettere di fuoco, ma ne resto convinto: il mondo del protestantesimo o è un’istituzione fredda, o è fin troppo ribollente di sette al limite di fanatismo (ovviamente non mi riferisco alla piccola ma feconda esperienza dei nostri valdesi). Anche i Paesi tradizionalmente cattolici, dalla Spagna all’italia, vivono un drammatico crollo delle vocazioni e un evidente calo della pratica religiosa.
Tuttavia vale ancora per noi la frase degli apostoli, quando Gesù provocatoriamente li invita ad abbandonarlo: «Signore, da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna». A meno che non crediamo che l’immortalità ci sarà regalata da Elon Musk (il suo obiettivo è quello, ma è riservato ai detentori di patrimoni miliardari ed esentasse), il solo modo di ascoltare un discorso trascendente, che vada oltre le nostre miserie quotidiane, è ancora parlare con un sacerdote. Ne abbiamo di meravigliosi. Il presidente dei vescovi italiani, il cardinale Zuppi, che ancora si fa chiamare don Matteo, è uno di loro. Lui e Pietro Parolin sono tra i pochi che lavorano davvero per la pace, e vengono ascoltati. A me piace pensare anche alla vecchiaia silenziosa di Camillo Ruini e Angelo Scola. Provate a leggere o a rileggere il commento alla Bibbia di Ravasi: un piacere intellettuale, un’avventura dello spirito. L’altro giorno ho rivisto dopo molto tempo il vescovo emerito di Reggio Emilia, Massimo Camisasca: in un’ora ho imparato più cose che a seguire sui social dieci politici.
Poi c’è Francesco. Il suo papato forse non ha mantenuto tutte le promesse iniziali. Come ogni uomo, il Papa ha commesso errori, ed è stato ostacolato da nemici agguerriti e reazionari, che hanno arruolato alla bisogna anche atei più o meno devoti. Ma la Chiesa che celebra la Pasqua 2024 ha ancora molto da dire, all’italia e al mondo.