Tim, gara all’ultimo voto. L’incognita Vivendi
Quattro liste, 35 candidati, un libro soci tutto da scoprire e un convitato di pietra: Vivendi. L’assemblea del 23 aprile per il rinnovo del consiglio di Tim si profila una gara all’ultimo voto. La campagna elettorale è già cominciata e fra una decina di giorni sono attese le raccomandazioni dei proxy advisor, di norma seguite dai grandi investitori internazionali. La lista del cda uscente, guidata dal ceo Pietro Labriola, ha intanto scelto Morrow Sodali come «spin doctor» per raccogliere deleghe di voto fra gli oltre 200 mila piccoli azionisti di Tim che nell’insieme detengono circa il 25% del capitale, ma si recano di rado alle urne. Al contempo, Labriola ha svolto una serie di incontri con i grandi fondi per convincerli a votare per la sua riconferma che gli consentirebbe di portare a termine il piano di riassetto del gruppo, avviato con la vendita della rete al fondo Kkr.
Proprio dopo la presentazione di inizio marzo del nuovo piano, però, è passata di mano quasi metà delle azioni di Tim, sicché è difficile capire quali siano gli interlocutori a cui rivolgersi. Forse gli stessi di prima, che hanno venduto titoli Tim per poi ricomprarne a prezzi più bassi. Oppure nuovi soci, magari con altre idee sul futuro dell’azienda. Fra questi potrebbe far breccia la seconda lista di maggioranza, quella del fondo Merlyn, che punta a creare una compagnia dedicata solo ai servizi alle imprese, vendendo tutto il resto. Alcune fonti accreditano oggi la rosa capitanata dall’ex Tim Stefano Siragusa del 7-8% di voti. Le sue chance dipenderanno anche dal riscontro in assemblea della terza lista di maggioranza, quella di Bluebell, che potrebbe pescare nel bacino elettorale di Merlyn. Su tutti incombe, però, l’incognita Vivendi: voterà con il suo 24% per decidere la partita o si asterrà, rimanendo spettatore (interessato) della contesa? Per ora, il gruppo francese si è limitato a depositare una lista per il collegio sindacale.