Oltre la genetica Che cosa ci rende quello che siamo
Non siamo determinati in modo ineluttabile da quanto scritto nel nostro codice genetico. Ciò che diventiamo dipende anche dall’ambiente, inteso in senso lato: ciò che mangiamo, o non mangiamo, quello che respiriamo, quanto siamo stati accuditi nelle prime fasi della nostra vita, i traumi che possiamo aver subito, possono incidere in modo significativo sul nostro sviluppo fisico e psichico. Tutti questi fattori, e moltissimi altri, proprio perché in grado di condizionare l’espressione del genoma possono essere ascritti all’epigenetica (dal suffisso greco epi-, che significa letteralmente «oltre la genetica» o «al di sopra della genetica»).
Gianvito Martino, neurologo e prorettore dell’università Vita-salute San Raffaele, di Milano, e Jacopo Lo Grasso nel loro ultimo libro (Non tutto è scritto nel Dna, Mondadori, pp. 192, 18)) illustrano in modo chiaro i meccanismi attraverso cui diventa possibile che ciò che «sta fuori» dal nucleo della cellula possa interferire con il progetto originale che vi è racchiuso. Ma gli autori vanno oltre. Partendo da questo dato scientificamente indiscusso, ne analizzano anche la principale conseguenza sul piano filosoficoepistemologico, che consiste nel superamento della cosiddetta sintesi moderna, il primo grande paradigma capace di unire la biologia con la fisicochimica.
Tale teoria, fondata su una componente filosofica riduzionista e su una componente empirica neodarwinista, è divenuta il fondamento della biologia. La tesi della sintesi moderna poggia essenzialmente sull’esclusione di qualsiasi forza esterna sui processi di morfogenesi (cioè sulla formazione dell’organismo). Semplificando molto: se il Dna fosse determinante «senza se e senza ma» si darebbe unicamente uno sviluppo del nostro (e non solo del nostro) organismo «dal progetto su carta fino all’edificio», con un destino fisico e psichico, per così dire, scolpito nella pietra, senza alcuna possibilità di intervento.
Oggi invece è ormai chiaro come l’espressione dei geni (contenuti nel Dna) può essere condizionata da numerosissime variabili. Le ricadute di questo cambiamento di paradigma non rimangono nella sfera della discussione fra «cultori della materia» perché sono destinate a impattare in modo sempre più significativo sulla scienza medica, conferendo, fra l’altro, definitiva dignità, per esempio, alla psicosomatica, cioè alla forza di eventi che insistono primariamente sulla sfera psicologica di produrre alterazioni fisico-organiche che influenzano la salute.
A tale riguardo, uno dei campi di ricerca più promettenti degli ultimi due decenni è quello della regolazione epigenetica della risposta allo stress. In questo ambito di studi, che ormai annovera centinaia di articoli scientifici, si osserva come lo stress generato dall’ambiente lavorativo, dalla mancanza di cure familiari oppure dalle esperienze traumatiche, sia una delle principali cause che portano all’insorgere delle epimutazioni, cioè delle modificazioni del Dna che intervengono sulla sua «lettura» da parte degli altri attori cellulari implicati nella sintesi proteica.
Se quindi farmacologia e chirurgia restano pienamente valide e necessarie, contestualmente diventa sempre più necessario prendere in considerazione agenti esterni che «fanno parte integrante dello schema di gioco», come scrivono gli autori, rappresentati, per esempio, da pratiche terapeutiche psicosociali di alto livello, come quelle che sfruttano il controllo dell’ambiente.