I Perturbazione: rileggiamo De André ma senza timori
Fabrizio De André continua ad appassionare, generazione dopo generazione, «perché racconta metafore che rimangono attuali nel tempo e si interroga sulla distanza fra persona e personaggio, un tratto che è anche nostro di adesso, per come ci mostriamo dietro gli schermi». I Perturbazione, nelle parole del cantante Tommaso Cerasuolo, riflettono sulla figura di Faber che hanno «ritrovato» pubblicando «La buona novella (dal vivo con Nada e Alessandro Raina)», loro rilettura integrale del disco del 1970.
Un omaggio che arriva in occasione dei 25 anni dalla scomparsa del cantautore genovese e che recupera la registrazione di un concerto unico, commissionato al gruppo nel 2010 dalla Scuola Holden di Torino: «Quello spettacolo era avvenuto in un periodo per noi caotico, ma poi in tempi recenti i fonici che ci avevano lavorato ci hanno rimandato le registrazioni, permettendoci di riscoprire un momento prezioso — racconta Cerasuolo —. Avevamo realizzato una versione corale della “Buona novella”, con altre voci oltre alla mia e tante generazioni insieme, tra cui spicca quella di Nada, visto che le donne in quel lavoro di De André sono centrali».
Avvicinarsi a Faber, continua il frontman, «all’inizio crea timore reverenziale, ma poi capisci che essere intimoriti da lui è il servizio peggiore che potresti fargli. Faber è un maestro e uno spirito guida, ma non va sacralizzato, sarebbe il contrario di quello che fa lui con “La buona novella” dove si riappropria invece dell’umanità dei personaggi».
Per i Perturbazione, band pop-rock con alle spalle oltre 30 anni di carriera, ma discograficamente ferma da quattro anni, questo ritorno è anche «una piccola resurrezione nostra» che, negli auspici, potrebbe tradursi in un tour estivo, sempre nel segno di Faber: «Parteciperemo al Festival Biblico di Vicenza il 24 maggio e poi ci piacerebbe suonare la “buona novella” anche quest’estate perché ci stiamo divertendo molto a riarrangiarla di nuovo, con strumenti diversi, nella formazione a quattro che abbiamo ora».
Se la pandemia è stata quindi un momento «di ascolto e riflessioni» per il gruppo, nato sui banchi di un liceo del torinese alla fine degli anni 80 (e passato anche da Sanremo, nel 2014 con «L’unica»), oggi «il bicchiere è mezzo pieno», assicura Cerasuolo: «L’insegnamento del tempo pandemico è stato quello di affrontare una cosa per volta e viverla appieno, ma certo vorremmo che questa bella storia portasse la voglia di fare altre cose nuove».