Corriere della Sera

«Le tenerezze sulla mia 500 con Renato Zero e Placido Alle ragazze di Non è la Rai davo consigli sull’amore»

Enrica Bonaccorti: «Mi vergognavo del mio seno, me lo feci ridurre. E che imbarazzo il set di Playboy»

- Di Giovanna Cavalli

Aspasso sulla Rolls-royce con Renato Zero. «Ce l’aveva prestata un amico, giravamo per Roma tutti vestiti di nero, cappelli da cowboy. Prendemmo la Cristoforo Colombo, guidavo io. Abbiamo tamponato. Disperati, volevamo farla riparare di nascosto, ma non avevamo una lira, abbiamo dovuto confessare, il proprietar­io ci perdonò».

Inseparabi­li.

«Ci eravamo conosciuti a piazza Navona, il nostro ufficio a cielo aperto. Avevamo 20 anni. Passavamo così le giornate, aspettando il miracolo. Con Renato mi si era sciolto il cuore, sentivo che dentro aveva una forza esplosiva. Facevamo spettacoli­ni di cabaret. Lo accompagna­vo con la 500 beige di mia madre, per non farlo andare in giro da solo, già con piume, trucco e tutine aderenti. A volte mettevo il tailleur e la borsa di mamma e fingevo di essere la sua manager. “Salve, vorrei proporvi lo show di Renato Fiacchini”».

Se ne innamorò.

«Sì, ne ero affascinat­a».

E lui?

«Mi voleva bene. Baci ce ne sono stati. E molti abbracci. “Sei tanta”, mi diceva, ridendo delle mie forme prorompent­i. Un’amicizia cosparsa di tenerezza e tanti sogni. Parla«sono vamo per ore chiusi nella 500, targata Roma 20947. Negli anni Settanta non ci si fidanzava, si stava insieme e basta».

A un passo dalle nozze.

«Era uno scherzo. Tempo fa gli ho chiesto. “Renà, ti ricordi che mi volevi sposare?”. “Enrì, sarò stato ubriaco”».

Cresciuta in caserma.

«Fino a 13 anni, a Genova, papà era colonnello della Polizia ferroviari­a. Giocavo a pallone con le guardie, mi mettevano in porta. O a biliardo. L’attendente si chiamava Vincenzo Saetta: “Prima che qualcuno tocchi la bambina, mi devono ammazzare”. Non c’erano altre famiglie, passavo molto tempo da sola. Ogni macchia sul muro diventava un amico immaginari­o. C’era la sala della tv, nel 1954 l’avevano giusto gli Agnelli e i militari. E la stanza 14, cella con un tavolaccio inclinato e due coperte. Me la facevo aprire dal piantone e la panca diventava il mio palcosceni­co».

La lontananza è davvero come il vento «che spegne i fuochi piccoli ma accende quelli grandi?», come ha scritto lei per Modugno?

«Sì, l’ho sperimenta­to con il ragazzo che me l’ha ispirata, quando ci siamo trasferiti in Sardegna. Avevo 14 anni e lui 21, studente di Medicina. Rapporto platonico. Non sapevo nemmeno come si facesse l’amore, anche se a mamma arrivò una missiva anonima in cui si diceva che ero incinta. Qualche bacio, tante lettere e niente più. Già donna, gambe lunghe, dicevano che erano le più belle di Sassari».

Restò un sogno proibito.

«Ero fidanzata in casa, con un giovanotto di 23, ricco, laureato, bello, buono e molto religioso, perfetto».

Però?

«Però non ero presa e mi sentivo in colpa. Siamo tuttora amici. Con l’altro ci perdemmo di vista, eppure qualcosa di impalpabil­e tra noi è rimasto. Mi tagliavo i capelli e pensavo: “Gli piacerò così?”. L’ho rivisto una volta, abbiamo ballato La Lontananza».

Flirt con Michele Placido.

«Flirtino. Conosciuto pure lui a piazza Navona. Era bello, lo accompagna­vo a teatro con la solita 500».

Bellezza vistosa, la sua.

«Con un seno esuberante, fiorito dai 16 in poi. Le continue battute dei ragazzi mi davano fastidio. Mi sentivo cercata solo per quello, io che per distrarli citavo Ungaretti. Sognavo di essere sottile come Catherine Spaak, immaginavo di uscire dal mare con la maglietta bagnata sul seno minuto e i capelli lisci, invece li avevo ricci. Per nasconderm­i curvavo le spalle, i compagni mi infilavano le penne in mezzo alla scollatura».

Così decise di ridurlo.

«Immagini di farsi tutti quegli anni, quando andavano di moda i seni appena accennati, con il mio. Quelle come me non venivano prese sul serio, non sembravano intelligen­ti. Mi sono informata, due giorni dopo ero ricoverata in una clinichett­a di Primavalle. L’intervento doveva durare 2 ore, dopo 5 non era finito. Mi sono svegliata con un braccio come morto e la lingua che usciva solo a sinistra».

Disperata.

stata una cretina, era il 1981, le donne cominciava­no a rifarselo finto. Ma ero felice di avere un seno più piccolo, mi pareva un miracolo. Avevo passato tre provini al teatro Argentina, sarei stata Costanza, la fidanzata di Mozart. In una scena dovevo denudarmi il busto. Ho pensato al mio senone e mi sono decisa».

Rinunciò alla parte.

«Stavo troppo male, mandai un certificat­o medico. In compenso mi arrivò una telefonata dalla Rai. Mi convocò il capostrutt­ura Brando Giordani. Dovevano lanciare una trasmissio­ne con Piero Badaloni e Mino Damato, volevano una presenza femminile di contorno, per annunciare il santo del giorno. Dopo una settimana Badaloni se ne andò. E il mio ruolo si allargò. Fu la svolta: da attrice a giornalist­a. Il programma era Italia Sera, il nome lo inventai io. Tre mesi dopo vinsi il Telegatto».

Posò per Playboy.

«Ho perso mio padre a 19 anni, mamma era insegnante, non potevo appoggiarm­i a lei, dovevo guadagnare. Facevo teatro, non bastava. Avevo già mia figlia. Però non era una rivista sconcia, accanto alle foto sexy c’erano articoli di Eco, di Arbasino. Lo fecero pure la Berti, la Zanicchi, Sabina Ciuffini. Mi pagarono 2 milioni di lire. Sul set mi vergognavo: quando il fotografo mi toccò una gamba cacciai un urlo».

Sostituì Raffaella Carrà a «Pronto, chi gioca?»

«Fui precettata dalla Rai, dopo che Sandra e Raimondo, Claudia Cardinale e Monica Vitti avevano detto di no. La sera prima studiavo come rompermi una gamba contro al divano, pur di non andare in onda. Mi convinse l’avvocato Giorgio Assumma: “Guardati allo specchio e fatti dei compliment­i”. Funzionò».

Gianni Boncompagn­i ci mise il carico da 90.

«”Non ti preoccupar­e, andrà tutto malissimo”. Il primo giorno in scaletta c’era un solo gioco, quattro signore di Torino che facevano le investigat­rici, i Righeira. Dovevo tirare avanti due ore e mezza. Per riempire il tempo lessi in diretta i messaggi di auguri».

A «Non è la Rai».

«Mi preoccupav­o per le ragazzine, temevo che restassero deluse. Antonella Elia era la più faticosa, però brava. Yvonne Sciò si legò molto a me».

Dava consigli del cuore?

«Tanti».

Lasciò la tv per amore del principe Carlo di Borbone.

«Lo vidi entrare in un locale, dopo quattro passi ero già innamorata. “Chi è quello lì? Lo voglio, è mio”. Mi invitò a ballare. Colpo di fulmine. Tutte le mie relazioni migliori sono nate così. Sono stati gli anni più belli, dorati».

Pentita di aver mollato?

«No, ma il lavoro è come un autobus affollato: se scendi, il posto non lo trovi più».

Lei 42, lui 29.

«Ho anticipato i tempi. Non ci siamo posti il problema, travolti dai sentimenti. L’ostacolo non era l’età o che avessi una figlia, ma che fossi divorziata. La sua famiglia era contraria. “Non può trascinare Sua Altezza sui giornali”».

Accettò?

«Rifiutai interviste e copertine, ma i paparazzi ci seguivano. D’estate Charles non usciva nemmeno per tuffarsi in piscina. Mi avvicinai ai fotografi nascosti dietro le siepi. “Perché non ve ne andate al mare?”. “E a fine mese che se magnamo, la sabbia?”».

La cattiveria ricevuta.

«Urca, tante. Sarei rimasta volentieri in Rai ma credo che qualcuno non vedesse l’ora di accompagna­rmi all’uscita».

Quella fatta.

«Non ne sono capace».

Fedele?

«Purtroppo sì, tradisco solo alla fine, quando voglio chiudere. Tradita io? Lo sarò stata, non me ne sono accorta».

L’ultimo amore, Giacomo.

«Insieme 22 anni, è scomparso nel 2021, mi manca tantissimo, lo penso sempre. Dolce e gentile. Con lui potevo essere davvero come sono».

Capitolo chiuso?

«Spero proprio di non innamorarm­i mai più e che nessuno si innamori di me, vorrei stare tranquilla, ho già dato».

 ?? ?? Insieme Enrica Bonaccorti, 74 anni, attrice e conduttric­e, in una foto degli anni Ottanta con l’amico Renato Zero
Insieme Enrica Bonaccorti, 74 anni, attrice e conduttric­e, in una foto degli anni Ottanta con l’amico Renato Zero
 ?? ?? La tv e il cinema Sopra, in alto, Enrica Bonaccorti conduttric­e di «Non è la Rai» con Antonella Elia (a sinistra) e Yvonne Sciò. Sopra, in basso, Bonaccorti in passerella all’ultima edizione del Roma Film Festival (Ansa)
La tv e il cinema Sopra, in alto, Enrica Bonaccorti conduttric­e di «Non è la Rai» con Antonella Elia (a sinistra) e Yvonne Sciò. Sopra, in basso, Bonaccorti in passerella all’ultima edizione del Roma Film Festival (Ansa)
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