Lino Musella e una trilogia politica di Pinter
Un teatro politico, che vuole proporsi come apolitico. Lino Musella si cimenta in una originale operazione. In un’unica messinscena riunisce tre drammaturgie di Harold Pinter: Il bicchiere della staffa, Il linguaggio della montagna e Party Time. Una singolare trilogia, intitolata Pinter Party con cui l’attore e regista napoletano è in scena al San
Ferdinando di Napoli, lo storico teatro di Eduardo De Filippo, fino al 21 aprile. Tre testi brevi, scritti dal celebre autore inglese in successione (1984, 1988 e 1991) molto diversi solo apparentemente nei contenuti, ma simili in un unico obiettivo: la dura denuncia della condizione di popoli oppressi e la altrettanto dura accusa nei confronti dei relativi oppressori. Nel primo, l’interrogatorio feroce di un prigioniero politico, mentre nella stanza accanto sua moglie viene stuprata e suo figlio di sette anni viene ucciso. Nel secondo, a un gruppo di persone di minoranza etnica viene proibito di esprimersi con la propria lingua e chi si permette di farlo, perché non ne conosce altre, è condannato a essere sbranato dai cani. Nel terzo, mentre nelle strade della capitale una manifestazione di dissidenti è stata violentemente repressa, le forze dell’ordine festeggiano la buona riuscita della repressione, ballando e brindando durante un party privato. Lo spettacolo si chiude con il discorso di Harold Pinter quando, già malato, accettò il Premio Nobel per la letteratura nel 2005 (morì tre anni dopo): un’invettiva la sua, «parole come pietre», contro i crimini degli Stati Uniti in varie parti del mondo. Musella, che siamo abituati a vedere in ben diversi personaggi, stavolta provoca la platea con un impegno scenico, «arte, verità, politica», una sorta di strategico comizio che stupisce, lasciando allo spettatore una serie di interrogativi cui dare delle risposte. Tra gli altri interpreti, calorosamente applauditi, Totò Onnis, Betti Pedrazzi, Paolo Mazzarelli.