Per 33 giorni Saddam colpì con gli Scud (senza reazioni)
Per molti mesi Israele visse l’incubo dell’attacco di missili iracheni con testate chimiche o batteriologiche. In tutto il Paese si preparavano le «cheder hatum», le stanze sigillate in ogni abitazione con il nastro adesivo e gli stracci su qualsiasi fessura, dove la gente doveva essere preparata a trovare rifugio con a portata di mano le maschere antigas distribuite dal governo con le fiale di atropina da iniettarsi in caso di agenti non convenzionali, o addirittura di bombe «sporche» con radiazioni nucleari. Nessuno sapeva con precisione che conseguenze avrebbe avuto un bombardamento di quel tipo. I media riportavano le indicazioni molto generiche dei portavoce militari.
Infine, l’attacco di missili Scud iracheni iniziò davvero la notte del 17 gennaio 1991. Le sirene suonarono a lungo per le strade deserte del coprifuoco. Entrarono in azione i Patriot antimissili forniti dagli americani. Ma in molti casi causarono più danni che altro: colpivano gli Scud e cadevano in rottami sull’area presa di mira. Dopo pochi giorni di attacchi regolari si tirò un sospiro di sollievo. Le testate contenevano esplosivo convenzionale, spesso finivano in aree desertiche, però raggiunsero anche Tel Aviv, Haifa, Beer Sheva e la Galilea. Gli ultimi Scud caddero il 23 febbraio: in 33 giorni, secondo i dati ufficiali, il Paese era stato colpito da 42 missili, ma un numero mai precisato era stato tirato verso i silos delle bombe atomiche a Dimona, alle porte del Negev, e su altri siti militari sensibili. Almeno due civili erano morti per le esplosioni dirette e tra 11 e 74 persone soffocarono indossando le maschere senza togliere il trappo al filtro o per crisi cardiache indotte dal panico e dall’uso scorretto dell’atropina.
Ma il dato più rilevante fu che Israele non rispose mai militarmente alla provocazione irachena, come gli americani avevano espressamente richiesto. Saddam Hussein mirava a trascinarlo nella guerra per dividere la coalizione internazionale guidata da Washington, che era riuscita ad alleare gran parte del mondo arabo per scacciare gli iracheni dal Kuwait. L’atteggiamento passivo dell’allora premier «falco» Ytzhak Shamir aveva pagato: l’astensione dalla rappresaglia muscolare aveva garantito la vittoria militare alleata, senza peraltro intaccare la forza della deterrenza israeliana.