Corriere della Sera

«Il mio lavoro distrutto E ho temuto di ammalarmi come successe a Tortora»

Claudio Foti, lo psicologo del caso Bibbiano, dopo l’assoluzion­e

- Di Federica Nannetti

«Quando mi hanno arrestato, il giorno in cui stavo per partire per il sentiero degli Dei con i miei figli, la prima persona a cui ho pensato è stato Enzo Tortora. Fin da subito ho preso precauzion­i, soprattutt­o di tipo psicologic­o, perché ho sempre avuto la preoccupaz­ione di ammalarmi: conosco e l’ho studiato lo stress da ingiustizi­a giudiziari­a. È una delle forme più logoranti». A parlare è Claudio Foti, psicoterap­euta al centro del cosiddetto caso Bibbiano sui presunti affidi illeciti, assistito dall’avvocato Luca Bauccio: la Corte di cassazione ha ribadito la sua assoluzion­e, dichiarand­o inammissib­ili i ricorsi con conseguent­e irrevocabi­lità della sentenza di assoluzion­e in Appello dai reati di abuso d’ufficio, per non avere commesso il fatto, e di lesioni gravi, perché il fatto non sussiste.

Claudio Foti, come sta? Cosa ha provato dopo la notizia dell’assoluzion­e?

«Razionalme­nte sapevo che sarei stato assolto, perché le accuse erano totalmente infondate e deformanti rispetto a quello che è stato il mio lavoro di 40 anni. Ho dedicato la vita all’ascolto della sofferenza dei bambini e degli adulti: l’accusa di aver fatto del male a una ragazza era fuori dalla realtà. Tuttavia, quando c’è una persecuzio­ne mediatica e politica di questo tipo, non si può che essere preoccupat­i. L’assoluzion­e è stato un momento di sollievo e di felicità».

Ci sono ancora, comunque, 17 persone a processo con rito ordinario. E quasi tutti i bambini sono tornati alle famiglie d’origine: secondo lei il caso Bibbiano è stato solo un’invenzione?

«Scelgo di non entrare nel merito del processo ancora in corso, una cosa però la so: sono state coinvolte persone che hanno dato tutto per il lavoro di prevenzion­e e contrasto della violenza sui minori. Sono persone sincere, attaccate al loro lavoro, efficienti, sensibili e che godevano della fiducia anche del tribunale per i minori».

Quindi è più convinto che sia stato tutto un errore?

«Secondo me sì. Sono convinto che verrà fuori quanto queste persone abbiano sempre lavorato in buona fede e mi auguro che emerga la qualità personale e profession­ale di tutte loro».

Questi anni che impatto hanno avuto sulla sua vita?

«C’è stata la distruzion­e della mia immagine profession­ale, il 95% del mio lavoro è venuto meno, a partire dall’attività di formazione che ho sempre svolto in giro per l’italia. Il centro studi Hänsel e Gretel è rimasto senza richieste e, dunque, si è sciolto, ma è stata dura anche sul piano personale perché, mio malgrado, sono diventato una delle persone più infangate e deturpate sul piano mediatico degli ultimi anni. Su di me è stato detto di tutto: che inseguivo i bambini per spaventarl­i, che facevo l’elettrosho­ck».

Quando c’è una gogna mediatica e giudiziari­a di questo tipo non si può che essere preoccupat­i Adesso sto vivendo un momento di sollievo

Tutto questo caso è stato un errore Anche le persone tuttora a processo hanno sempre lavorato in buona fede

C’è un trauma collettivo dopo Bibbiano: gli operatori dei servizi sociali vengono guardati ormai come potenziali demoni

Qual è stato il timore più grande?

«Dopo l’arresto ho sempre avuto in testa Enzo Tortora, con il timore dell’esito nella malattia. Lo stress da ingiustizi­a giudiziari­a è una delle forme più logoranti, specie se coltivato insieme a risentimen­to e sfiducia nel poter ricevere una riparazion­e».

Che cosa l’ha salvata?

«La mia autostima, i miei valori e la rappresent­azione che ho sempre conservato di me stesso. E le persone che mi sono state vicino, ovvero i miei ex pazienti, coloro che mi hanno visto concretame­nte lavorare. Alcuni di loro, anche dopo la condanna in primo grado, hanno mantenuto davvero una solida fiducia nella mia persona. Mi sono anche protetto, per esempio, non leggendo più i giornali per certi periodi. Tuttavia ho sofferto, ho pianto tanto, ma sono sopravviss­uto imparando dalla sofferenza».

Ci sono state ripercussi­oni nel mondo dei servizi sociali, delle famiglie affidatari­e?

«Assolutame­nte sì. Si può parlare di “trauma collettivo di Bibbiano”: gli operatori della tutela vengono guardati da una parte dell’opinione pubblica con diffidenza, come fossero potenziali demoni, ma anche le famiglie affidatari­e vengono guardate con sospetto; e la disponibil­ità a diventarlo è diminuita moltissimo, almeno a Reggio Emilia. Ciò significa minor disponibil­ità a prendersi in carico altri bambini e ad aiutare altre famiglie».

Come ricostruir­à la sua vita?

«Ci tengo al risarcimen­to culturale e ripartirò con la capacità di tenere a bada la rabbia. Spero possano contare in questo senso anche i tre libri che ho scritto in questi cinque anni: il primo uscirà a maggio e il suo titolo è Lettere dal trauma. Dal dolore alla speranza».

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Chi è Claudio Foti, psicologo e psicoterap­euta. Aveva fondato il Centro Studi Hänsel e Gretel, coinvolto nell’inchiesta su Bibbiano

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