Virzì: «Nei corti dei ragazzi gli interrogativi sul futuro»
Il regista presiede la giuria del concorso intitolato a Francesco Valdiserri
ROMA Li ha sempre osservati con sguardo curioso e accogliente. Dal Pietro Mansani di Ovosodo, metafora di un futuro che rischia di andare di traverso («C’ho un coso qui, un magone, come se avessi mangiato un ovo sodo col guscio e tutto»), al Tito dell’ultimo film, Un altro ferragosto il nipotino saggio di Sandro Molino. Lo stesso sguardo curioso e accogliente ha guidato Paolo Virzì nel ruolo di presidente della giura della I edizione del concorso «24 frame al secondo» intitolato a Francesco Valdiserri, figlio dei colleghi del Corriere Paola Di Caro e Luca Valdiserri travolto e ucciso mentre era sul marciapiede in via Cristoforo Colombo la notte del 20 ottobre del 2022. Un concorso di cortometraggi rivolto a giovani tra i 16 e i 23 anni, non professionisti. L’indicazione: non oltre i 10 minuti di durata, tema libero ma focalizzato sulla propria generazione.
All’invito, lanciato lo scorso 27 dicembre dall’associazione Controchiave con la famiglia Valdiserri, hanno risposto in decine, la giuria ne ha selezionati 16. Molto diversi tra loro. Domani al cinema Troisi si terrà la premiazione. «Alcuni mi sono piaciuti di più, altri un pochino meno — anticipa il regista —, senz’altro meritano tutti un’accoglienza affettuosa. Mi ha fatto simpatia e tenerezza, direi anche felicità, che in ragazzi così giovani ci sia tanta voglia di esprimersi, di sperimentare un modo di raccontare. Hanno messo in piedi dispositivi narrativi giocosi, comici, magari più dark o dolenti. Come nella selezione ufficiale del concorso di Cannes, qui c’è un materiale molto eterogeneo, anche dal punto di vista tecnico». L’intento del concorso, sostiene Virzì, è pienamente raggiunto. «Sollecitare il loro racconto di sé. Trovo commoventi queste anime giovani che si interrogano sul presente e sul futuro, con una sincerità disarmante».
A unirli, la figura di Francesco. «Tutto nasce da questo sentimento dolorosissimo ma insieme vitale. Mi ha colpito come i suoi genitori abbiano trasformato il loro incredibile dolore in un atto di generosità e amore verso tutti. Francesco Valdiserri, ragazzo bellissimo, pieno di vita e creatività che muore improvvisamente in un brutto incidente mentre cammina sul marciapiede (tra l’altro proprio davanti al campo di calcio dove gioca mio figlio Jacopo, un centro sportivo ora intitolato a lui), è diventato una specie di icona dell’essere per sempre giovani». Forever young. «Come la canzone di Bob Dylan. L’aver abbandonato la vita nel pieno delle sue possibilità e speranze lo congela in quell’istante e ne fa una figura ispirativa». Alcuni degli autori dei corti erano suoi amici. Altri è come se lo fossero diventati senza averlo conosciuto di persona. «È quando il cinema riesce a far emergere pensieri, sentimenti, emozioni e a trovare la chiave per trasmetterli».
Qualcuno di loro, forse, sceglierà il mestiere del cinema. Come Virzì, ex studente al Centro sperimentale di cinematografia. «Per avere accesso al momento della ripresa, all’ambita pellicola, dovevi passare una lunga trafila. Loro hanno già in tasca uno strumento che sanno padroneggiare. Con la freschezza di chi ancora non si è ammalato del rancore, sconforto, paura dell’altro delle generazione degli adulti. Come Tito, hanno la purezza, la curiosità, lo sguardo di felicità sulle cose. L’entusiasmo della scoperta». A misura di cinema.