NELLA CENTRALE DELLA RICERCA
ENI, LA SFIDA DELLA DECARBONIZZAZIONE
Il Centro Ricerche Eni di San Donato Milanese — meno di 9 chilometri in linea d’aria da Piazza Duomo — è un nucleo vitale con le caratteristiche del cervello e del cuore, un megalaboratorio da 8 ettari che pompa dati, idee ed energia verso le strutture periferiche dove si trasformeranno in prodotti commerciali per l’innovazione. Attività che si affianca all’altro settore strategico dello sviluppo Eni, una fittissima rete di collaborazioni con aziende, start up, università e istituzioni.
Lungo gli ampi corridoi si alternano uffici, laboratori, impianti pilota, ambienti creati per specifiche attività, come sale per alte pressioni o una sala 3D. «Qui ci sono circa 300 ricercatori e altrettanti ingegneri di Eniprogetti, è uno dei luoghi che fa parte dell’ecosistema di ricerca e innovazione di Eni — spiega Monica Spada, Responsabile ricerca e innovazione tecnologica di Eni —. In tutta Italia, da Novara a Ravenna, da Milazzo a Porto Torres, abbiamo circa un migliaio di ricercatori distribuiti in sette poli con diverse specializzazioni che vanno dalle energie tradizionali a quelle rinnovabili e alle scienze ambientali, fino ad arrivare alla fisica della fusione a confinamento magnetico. L’ultimo nato è Eni 2050 Lab, polo tecnologico situato presso l’area del Gazometro di Roma Ostiense dedicato alle nuove filiere dell’energia».
Il team di San Donato si muove lungo tre grandi filoni di ricerca e sviluppo: i prodotti circolari e bio destinati alla mobilità sostenibile; la decarbonizzazione dei processi e dei prodotti, con la filiera della cattura, utilizzo e stoccaggio della CO2; l’elettrificazione attraverso le rinnovabili e lo stoccaggio termico. «Sperimentiamo soluzioni innovative, valorizzando le competenze interne per poter sviluppare tecnologie proprietarie — dice Monica Spada —. Analizziamo le esigenze di Eni e le forniamo le soluzioni tecnologiche per soddisfarle».
Per cominciare, ruolo chiave nella strategia di decarbonizzazione di Eni sono i biocarburanti. Sono realizzati grazie alla tecnologia proprietaria Ecofining, sviluppata insieme a Honeywell-uop, che consente di convertire materie prime di origine biologica (oli esausti da cucina, grassi animali, residui dell’industria agroalimentare e, in minima parte, oli vegetali) in biocarburanti idrogenati (HVO) che non contengono né ossigeno né composti tossici. «Stiamo anche perfezionando la filiera delle bioraffinerie — aggiunge Spada — e lavorando sulla ricerca agricola per individuare delle colture che crescano in terreni “marginali”, cioè aree aride o contaminate non utilizzabili a fini alimentari, che così possono anche trasformarsi in occasioni di sviluppo locale dei Paesi dove operiamo, specie in Africa».
«Grazie agli studi condotti dai nostri ricercatori stiamo sviluppando progetti innovativi per la cattura, stoccaggio e utilizzo della Co2,una leva fondamentale per contribuire alla progressiva decarbonizzazione dei settori industriali come quelli ceramici, le acciaierie, i cementifici, dove è più difficile abbattere le emissioni di gas serra — prosegue Spada —. Per quanto riguarda l’utilizzo della CO2, oltretutto stiamo perfezionando una tecnologia di mineralizzazione accelerata della CO2 in rocce di silicati: in poche ore si fissa la CO2 ottenendo un materiale stabile, inerte e non tossico che in natura viene prodotto in tempi geologici. Il prodotto mineralizzato è un prodotto di valore che può essere usato nel mondo dell’industria cementizia come stoccaggio permanente di CO2 e materiale cementizio supplementare». Stoccaggio permanente che avviene anche in appositi giacimenti sia in mare
Soluzioni
La CO2 può essere stoccata in materiali edilizi come sotto terra o in fondo al mare
Rinnovabili
Le nuove ellissi possono catturare il calore del sole con un impianto a basso costo
che sulla terra ferma individuati e monitorati grazie a studi geologici specifici e tecnologia 3D, dove la CO2 può essere iniettata e conservata anche per migliaia di anni.
Infine, ecco le innovative ellissi studiate con il MIT di Boston e il Politecnico di Milano, in grado di catturare l’energia solare a prezzi contenuti (usano economici film riflettenti invece di specchi e come serbatoio termico una colonna di cemento a moduli). Il calore sarà poi utilizzato per creare energia elettrica, vapore per impianti industriali della zona o ceduto a petrolchimici, raffinerie o acciaierie che possono utilizzarlo direttamente.