Corriere della Sera

«Sbagliano tutti, anche Israele Le guerre sono una follia Ma punto il dito contro l’iran»

Nasrin Sotoudeh: «Combattere con metodi pacifici»

- Di Greta Privitera

«Na be jang» in farsi vuol dire «no alla guerra» e Nasrin Sotoudeh lo ripete in ogni sua risposta. «Na be jang» contro Israele ma anche «na be jang» a Gaza, dice l’attivista e avvocata più famosa d’iran dalla sua casa di Teheran da dove segue con preoccupaz­ione le notizie. Amica della premio Nobel Narges Mohammadi, temutissim­a dal regime, è fuori dal carcere con un permesso medico perché nel 2018 è stata arrestata per aver difeso due donne senza velo.

Si aspettava che l’iran attaccasse Israele?

«Vorrei fare una precisazio­ne: la Repubblica islamica, non l’iran. Sì, lo temevo. Quella sera, avevo appena finito di scrivere una lettera contro la guerra, quando la Bbc ha dato la notizia. Io vedo colpe da tutti i fronti».

Che cosa intende?

«Credo che negli ultimi decenni, sia la Repubblica islamica che alcuni governi radicali d’israele abbiano operato una serie di violazioni del diritto internazio­nale, e il rispetto del diritto internazio­nale è fondamenta­le per il mantenimen­to della pace nel mondo. Quindi, io, in quanto cittadina iraniana, punto il dito contro il mio Paese».

Si aspetta lo stesso dai cittadini israeliani?

«Me lo aspetto da tutti i cittadini del mondo. Penso che il bombardame­nto israeliano all’ambasciata di Damasco sia una violazione della legge internazio­nale. Ma questo non vuol dire che lanciare missili e droni sia una buona idea. Io pretendo che una violazione della legge venga risolta con mezzi legali, sottoposta alle Corti internazio­nali».

Il Sudafrica si è rivolto a una Corte internazio­nale accusando Israele di genocidio.

«Perfetto: secondo me il Sudafrica si sta muovendo nella giusta direzione e lo sta facendo nell’interesse dei palestines­i, non entro nell’accusa in sé ma nei modi scelti. Il Paese africano vuole affrontare la questione con il ricorso alla giustizia. Solleva dubbi, non uccide, non bombarda: fa parlare».

E la Repubblica islamica?

«L’atteggiame­nto dell’ayatollah Khamenei verso la guerra a Gaza non è onesto perché usa la questione palestines­e per portare avanti i suoi piani di dominio regionale. Crea ancora più tensione, mette più a rischio la vita dei palestines­i, degli israeliani e degli iraniani».

Il regime ha pubblicato video di festeggiam­enti dopo la pioggia di missili di sabato notte.

«La maggioranz­a degli iraniani sono contrari all’attacco contro Israele. Nessuno vuole la guerra e questa guerra deve essere fermata. Temo che il conflitto si estenda: sarebbe un errore enorme, spero che le minacce di Netanyahu rimangano tali».

Se dovesse scegliere una parola per definire l’umore del suo popolo?

«”Tensione”. Qui la tensione è costante, noi non sappiamo che cosa voglia dire vivere normalment­e. Ci arrestano per come ci vestiamo, per quello che diciamo, per quello in cui crediamo. Noi combattiam­o il nostro oppressore con metodi pacifici e democratic­i, ripudiamo la guerra. Da tre giorni siamo ancora più tesi. Mio figlio ha 16 anni e non fa che chiedermi: “Ci bombardera­nno?”».

La realtà dei fatti L’ayatollah Khamenei usa la questione palestines­e per portare avanti i suoi piani di dominio regionale. Crea ancora più tensione, mette più a rischio la vita dei palestines­i, degli israeliani e degli iraniani

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Diritti civili Nasrin Sotoudeh è avvocata

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