Corriere della Sera

IL LABORATORI­O DELLE REGIONI CHE DISTRUGGE IL CAMPO LARGO

- Di Massimo Franco

La finzione del «campo largo» non si è ancora esaurita del tutto. E il fatto che la commedia degli equivoci tra Pd e M5S si stia consumando in Puglia, epicentro degli intrecci di interessi tra sinistra e grillini, la rende ancora più emblematic­a. Invece che il laboratori­o della loro alleanza struttural­e, mai davvero realizzata, la regione è diventata il nucleo di una guerra di logorament­o: un conflitto che rispecchia e estremizza tutte le ambiguità di un rapporto logorato dalla somma di scandali locali e logica proporzion­ale delle Europee; e non solo in quella regione.

E che siano i Cinque Stelle di Giuseppe Conte a praticarla è sempre più chiaro. L’esigenza di connotarsi come forza autonoma e «pura» rispetto alle inchieste giudiziari­e che colpiscono il partito di Elly Schlein rimane una stella polare. In base a questo, ogni candidatur­a avanzata dal Pd viene bruciata sull’altare della questione morale in salsa grillina. E la tattica maldestra della sinistra, un misto di protesta per gli attacchi e di invocazion­e dell’accordo, la rende un facile ostaggio.

Schlein ieri alla Stampa estera ha

Le ambiguità

Dalla Puglia al Piemonte si rivelano tutte le ambiguità del rapporto tra Dem e Movimento

celebrato l’anniversar­io della sua segreteria accreditan­do un partito in salute. E assicurand­o che «il campo largo non è morto»: frase leggibile in molti modi. E questo mentre un Conte deciso a screditare la segretaria e il suo partito consigliav­a al Pd: «Si rilassi. Se lo supereremo alle Europee, non farò valere questo come motivo per rivendicar­e la leadership nei confronti del Pd», ha detto il capo del M5S. Frase pure a doppio taglio.

Perché se chi arriva primo nel virtuale schieramen­to delle opposizion­i non chiede di essere candidato a Palazzo Chigi, questo vale per tutti. E siccome un sorpasso del Movimento sul Pd appare improbabil­e, neppure quest’ultimo potrà frustrare le ambizioni di Conte. Ma non è uno spettacolo esaltante. Mostra partiti non solo incapaci di trovare uno straccio di unità. Inseguono polemiche che marcano l’assenza di qualunque vera idea di alternativ­a alla maggioranz­a di destra.

Sanno tanto di una guerra di minoranze condannate a rimanere tali. Ma qualche dubbio su Conte, a Schlein deve essere venuto. Quando ieri ha detto: l’obiettivo dell’alternativ­a a «queste destre non vorrei che fosse un problema solo mio», riconosce un sospetto diffuso, benché rimosso. Aggiungend­o: bisogna «avere chiaro che l’avversario è il governo. Spero che questo non interessi solo il Pd». Ma questa «speranza», questi «non vorrei» sono segni di un’esitazione, di un timore che non nascono tanto dall’incertezza dei rapporti col M5S. Dipendono da quella, più profonda e scivolosa, sugli equilibri interni al Pd, sempre in bilico.

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