Aiuta una turista in ospedale Poi la violenta con il cugino
Palermo, una donna canadese accusa un inserviente del Policlinico. I due in cella
Non ha capito subito cosa le fosse successo. Si è svegliata stordita, piena di lividi e dolori. La stanza del bed&breakfast in cui aveva dormito era a soqquadro e a terra c’erano pezzi di vetro e preservativi, segni della notte da incubo appena trascorsa. Le violenze subite le sono tornate in mente dopo un po’. Spaventata, allora, ha chiamato il fidanzato, che era ricoverato in ospedale, e gli ha raccontato tutto. È stato lui ad avvertire i carabinieri che hanno trovato la donna nella stanza del b&b, ancora in stato confusionale. La terribile esperienza vissuta le è tornata in mente e la vittima, una canadese volata a Palermo per incontrare il suo compagno, ha denunciato i suoi aggressori.
Uno l’aveva incontrato al Policlinico il giorno dello stupro. Si era rivolta a lui, inserviente, e a un gruppo di infermieri, per chiedere dove fosse il reparto in cui si trovava il fidanzato, da giorni ricoverato dopo un incidente stradale. L’uomo l’aveva aiutata a trovare la strada e le aveva spiegato come avrebbe poi potuto raggiungere l’alloggio a pochi passi dalla stazione centrale. Colpita dalla gentilezza del palermitano — Agostino Romano, il suo nome — la turista si è lasciata convincere a farsi riaccompagnare al b&b dopo la visita al fidanzato. «Era gentile, simpatico, mi sono fidata», ha raccontato ai carabinieri.
«Stordita»
I due, che si erano scambiati i profili Instagram, sono andati insieme al b&b, poi sono usciti a comprare da mangiare e sono saliti in camera. La serata sembrava tranquilla. La canadese e l’inserviente hanno bevuto, scherzato, tanto da decidere di fare un giro in moto. Per strada avrebbero incontrato il cugino dell’uomo, Giuseppe Agostino e insieme sarebbero tornati in stanza. «Abbiamo bevuto della Sambuca — ha raccontato — Non ne ho bevuta tanta, ma mi sono sentita stordita».
L’orrore comincia con l’approccio di Agostino. «Cercava di afferrarmi e baciarmi. Io mi mettevo a ridere e gli dicevo di no. Questo è l’ultimo ricordo preciso che ho, eravamo sul divano», ha riferito ai militari. Poi il black-out. I ricordi si interrompono. «Quando mi sono svegliata avevo addosso solo la felpa che era bagnata e avevo i capelli ricci, mentre prima di uscire li avevo allisciati, segno che qualcuno mi aveva messo sotto la doccia». I lividi e i preservativi a terra fanno intuire alla donna cosa era accaduto. La canadese a quel punto manda un messaggio in inglese all’inserviente. «Perché mi hai fatto questo?». E l’aggressore, usando il traduttore di Google, le risponde che non era accaduto nulla e che il rapporto era stato consensuale. «Io te l’ho chiesto e tu hai detto va bene forse abbiamo bevuto un po’ troppo», il messaggio. Ma ai medici risultano graffi e abrasioni sulla donna: la pista è quella della violenza.
Le intercettazioni
L’identificazione di Agostino Romano è stata veloce : i dati del profilo Instagram, la foto, hanno rapidamente portato i carabinieri sulle sue tracce. Poi è stato individuato il cugino. E durante le indagini sono state intercettate le rispettive mogli: «Sti ragazzi — dicono sui coniugi — erano puliti, non avevano neanche un graffio». E ipotizzano che sia stata la vittima a provocarli: «Sarà stata la sella stretta del motore (motorino, ndr) a stuzzicarli». E ancora: «Tuo marito secondo me quando quella gli si buttò (addosso, ndr) nell’ascensore ha capito che si poteva fare. E così ha chiamato suo cugino». I due, mentre aspettavano di essere interrogati, immaginando di essere intercettati, hanno anche provato a depistare le indagini raccontando che il rapporto era stato consensuale. Ma la versione non ha convinto né i carabinieri, né la Procura.
«Sembrava gentile»
Il fidanzato era ricoverato: così lei aveva conosciuto il suo aggressore