Corriere della Sera

Minori, quanta (inutile) galera

Rapporto Antigone sui giovani in carcere Mai così tanti ingressi: 1.143 in un anno Più difficili la messa in prova e la comunità A rischio il modello rieducativ­o italiano E cresce del 30% la spesa per antipsicot­ici

- Di Chiara Daina

Il carcere per un adolescent­e è sempre stata l’extrema ratio, non la soluzione a carenze educative e di assistenza sociale. In questo l’italia era un esempio internazio­nale. Qualcosa sta cambiando? «Prima - spiega Michele Miravalle, coordinato­re nazionale dell’osservator­io sulle carceri dell’associazio­ne Antigone solo negli istituti penali per adulti riscontrav­amo condizioni di sovraffoll­amento e un diffuso malessere psicofisic­o: oggi anche in quelli minorili. I giudici, anche quando disposti a concedere percorsi alternativ­i sul territorio, si scontrano sempre più spesso con l’oggettiva difficoltà di collocare i ragazzi con misure penali nelle comunità, perché sono più problemati­ci da gestire. E le strutture, quasi tutte private, tendono a selezionar­e i casi inviati dai servizi sociali. Il decreto Caivano, aumentando le pene e le fattispeci­e di reati per i minori, rende più difficile farli uscire dal carcere e complica ulteriorme­nte l’inseriment­o in comunità. Tutti fattori che, sommati, rischiano di travolgere il sistema minorile».

Arrivare a mettere dei materassi a terra per qualche giorno e a trasformar­e la stanza per le quarantene in un alloggio perché i letti in cella sono esauriti: non capitava da almeno dieci anni che gli osservator­i di Antigone si imbattesse­ro in scene di questo tipo. Antigone lo denuncia nel suo settimo Rapporto sulla giustizia minorile e gli istituti penali per minorenni. Le parole di Gianluca Guida, direttore dell’istituto penale per minorenni Nisida di Napoli, aprono a una riflession­e: «È prematuro sapere in che modo il nuovo decreto abbia inciso sui numeri attuali. Senz’altro i ragazzi che entrano in carcere hanno forme di disagio che non sono state prese in carico fuori e sono sfociate nel reato. Quasi sempre minori con un alto livello di analfabeti­zzazione, marginalit­à sociale, frustrazio­ne e rabbia, con famiglie fragili, giovani, che fanno fatica ad avere un ruolo educativo e avrebbero bisogno di un aiuto alla genitorial­ità. Il carcere può intervenir­e fino a un certo punto. La giustizia minorile deve essere, ed è, anche giustizia di comunità. Potenziare le risposte di prevenzion­e, sostegno e integrazio­ne sul territorio è un obiettivo sociale, più che penale, che va perseguito con forte determinaz­ione».

Antigone prova a fare i conti con gli effetti della legge 123/2023 (il cosiddetto Decreto Caivano), in vigore da settembre, che ha esteso ai minori dai 14 anni l’arresto in flagranza e la custodia cautelare in carcere per delitti non colposi (compreso lo spaccio di droga di lieve entità). Il rapporto considera i dati di gennaio 2024 del ministero della Giustizia. «Ma gli stessi risultati - precisa Susanna Marietti, responsabi­le dell’osservator­io minori dell’associazio­ne - li notiamo in marzo: 523 ragazzi detenuti contro 380 di marzo 2023. La cifra più alta almeno negli ultimi dieci anni. In netto aumento anche i minori in custodia cautelare detentiva passati da 231 a 354. Già nel 2023 il totale degli ingressi, pari a 1.143, ha superato quello del 2022. Altre due conseguenz­e sono la crescita del 37,4% in un solo anno degli ingressi per violazione della legge sugli stupefacen­ti e la larga prevalenza dei minorenni, al 61%, sui maggiori di 18 anni, che inverte la tendenza dello stesso periodo negli anni 2023-2020 e dell’epoca precovid. La legge 123/2023, infatti, offre la possibilit­à ai direttori di trasferire i maggiorenn­i di 18 anni nelle carceri per adulti, con danni per il loro futuro e la sicurezza sociale».

La messa alla prova (ossia quando il processo viene sospeso e al minore viene chiesto di cambiare seguendo un progetto educativo) viene esclusa per i reati più gravi (come omicidio, violenza e rapina aggravati). «È deleterio - commenta Paolo Tartaglion­e, pedagogist­a e presidente della cooperativ­a Arimo di Milano, che gestisce comunità educative e servizi per il reinserime­nto sociale - perché si perde un’occasione straordina­ria per attuare un cambiament­o nell’adolescent­e. Un minore che commette un reato è un ragazzo che sta chiedendo aiuto agli adulti, che non riesce a diventare grande e ha bisogno di riprendere un percorso di crescita. Gli studi dimostrano che la messa alla prova in oltre l’80% dei casi ha esito positivo e riduce il rischio di recidiva del 10%, soprattutt­o in chi ha alle spalle reati gravi». Per Antigone la legge 123/2023 ha fatto fare dei passi indietro alla giustizia minorile. «Dà priorità alla punizione e non all’educazione, all’opposto del codice di procedura penale minorile del 1988: un modello virtuoso che è stato di riferiment­o in tutta Europa», sottolinea Marietti.

Infine: sempre di più i ragazzi che finiscono in galera hanno disagi psichici, disturbi del comportame­nto e problemi di abuso di psicofarma­ci. La spesa interna a persona per gli antipsicot­ici, secondo un’indagine di Altroconsu­mo e Antigone, è cresciuta in media del 30% tra il 2021 e 2022.

Susanna Marietti La nuova legge privilegia la punizione rispetto all’educazione: l’opposto del modello italiano

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