La sfida di Londra Il divieto di fumare ai nati dopo il 2008
È la più radicale legislazione anti sigarette al mondo E c’è chi la considera un neo-proibizionismo illiberale
Protezione della salute o neo-probizionismo illiberale? La legge anti-fumo votata ieri sera al Parlamento britannico ha diviso i conservatori e riacceso il dibattito sui limiti dell’intervento statale.
Il provvedimento, voluto dal governo di Rishi Sunak, introduce il divieto di acquistare sigari o sigarette, per sempre, per chi sia nato dopo il 2008: questo vuol dire che l’età legale per fumare si alzerà di un anno ogni dodici mesi, fino all’estinzione dei fumatori nel giro di un paio di generazioni.
In pratica, per chiarirci, fra 50 anni saranno rimasti a poter fumare solo gli ultra 65enni e fra 80 anni solo gli ultra 95enni, fino alla eventuale completa sparizione. È la più radicale legislazione anti-fumo adottata al mondo — qualcosa di simile era stato provato in Nuova Zelanda, ma poi ci avevano rinunciato — e sarà probabilmente la maggiore eredità lasciata ai posteri dal governo Sunak, povero di altri risultati. Ma è una svolta che non ha convinto tutti nelle file dei conservatori: la legge è passata perché appoggiata anche dall’opposizione laburista, tuttavia il premier ha lasciato libertà di voto ai membri del suo partito e 67 deputati si sono alla fine espressi contro (rispetto a 383 a favore). In ogni caso, dopo un ulteriore passaggio legislativo di natura più tecnica, la legge entrerà in vigore entro quest’anno.
A guidare la fronda sono stati due ex primi ministri, ossia Boris Johnson e Liz Truss: il primo ha definito la misura «assolutamente folle» e la seconda ha gridato al «nanny state», lo «Statobambinaia». Per Boris, è ridicolo che proprio il partito di Winston Churchill, grande appassionato di sigari, voglia mettere al bando il fumo, mentre Liz si dice avversa alle proibizioni in generale (e lo stesso Johnson, una volta, si era detto «contrario a vietare alcunché»): «L’intera idea che possiamo proteggere gli adulti da loro stessi è enormemente problematica», ha dichiarato Liz Truss durante il dibattito in aula.
A scontrarsi sono vocazione libertaria e tutela della salute pubblica. La ministra della Sanità, Victoria Atkins, ha sostenuto che «proteggere i bambini è un valore molto conservatore. Qui si tratta di proteggere le generazioni future dalla dipendenza dalla nicotina». E il professor Chris Witty, il capo ufficiale medico nazionale che ha condotto una campagna pubblica a sostegno della legislazione, ha aggiunto che «essere a favore delle scelte individuali dovrebbe significare essere contro la deliberata dipendenza di bambini, giovani e giovani adulti da qualcosa che li danneggerà, potenzialmente in maniera fatale». Ma non tutti sono convinti: come ha osservato Simon Clark, il direttore della lobby pro-fumo, «se sei legalmente un adulto, è una discriminazione se ti vengono negati gli stessi diritti degli adulti che sono magari solo un anno o due più anziani di te».
Insomma, il dibattito è su quanto lo Stato abbia il diritto di intromettersi nelle scelte individuali dei cittadini, per dannose che siano. Ma è anche una questione economica: si calcola che 76 mila morti all’anno in Gran Bretagna siano attribuibili al fumo e che ancora più persone soffrano per questo motivo di malattie croniche, il che grava il servizio sanitario, già in grande affanno, di un peso insostenibile. Il costo totale del fumo per l’economia britannica è valutato in oltre 20 miliardi di euro l’anno, ben oltre di quanto se ne ricava dalle tasse. La dipendenza dal tabacco è però in discesa: ormai solo il 13% della popolazione britannica è annoverato tra i fumatori.
Le tensioni
Voti contrari nella maggioranza. I no degli ex primi ministri Johnson e Truss