Le nuove cifre e il sentiero stretto che ora mette in discussione il Def
Non è la prima volta che in tempi recenti il Fondo monetario internazionale esprime un certo scetticismo sulla direzione dell’italia. Aveva iniziato a farlo il suo capoeconomista Pierre-olivier Gourinchas circa sei mesi fa, in un’intervista al «Corriere», riguardo ai tagli delle tasse nella legge di bilancio ora in esecuzione. I risultati di deficit dell’anno scorso, almeno al 7,2% del prodotto lordo, sono lì a dire che nel complesso le preoccupazioni del Fmi non erano del tutto infondate. Ma ora lo scarto fra le aspettative degli economisti di Washington e quelle del governo non si fa solo più ampio: diventa anche una spia rossa accesa e potrebbe segnalare qualcosa del confronto che si prepara per i prossimi mesi fra il governo e gli organismi europei e internazionali, quando si tratterà di disegnare il percorso dell’italia per il rientro del deficit e del debito.
L’esecutivo, per dirla con il ministro dell’economia Giancarlo Giorgetti, spera di riuscire a «interpretare» le nuove regole di bilancio europee; in altri termini, spera di poter perseguire un ritmo di risanamento lento e progressivo. Le proiezioni pubblicate con il «World Economic Outlook» dicono invece che, fuori del Paese, c’è chi non condivide del tutto il quadro presentato dall’italia. Dunque potrebbe preferire un approccio più deciso al contenimento del debito.
La differenza fra le aspettative del governo e quelle del Fondo monetario, quanto alle principali grandezze economico-finanziarie, salta agli occhi. Il Documento di economia e finanza varato la scorsa settimana a Roma punta su una crescita reale dell’1% quest’anno e dell’1,2% il prossimo; l’fmi la vede invece appena allo 0,7% sia nel 2024 che nel 2025, ed è una differenza di oltre un terzo in meno. Probabilmente si spiega con l’aspettativa del Fondo che la stretta sul Superbonus freni l’attività economica. Ma proprio il Superbonus è alla base di proiezioni sul deficit e soprattutto sul debito pubblico italiano nettamente peggiori da parte dell’fmi rispetto a quelle del Def: per il Fondo sarebbe già oltre il 139% del prodotto nel 2024 per salire fin quasi al 145% i cinque anni (secondo il governo non va mai sopra il 140%).
Non è la prima volta che le valutazioni fra Roma e l’fmi divergono. E non sarebbe la prima volta che ad aver ragione — o meno torto — poi si dimostra l’italia. Non è detto che il Fondo monetario veda del tutto giusto, né è detto che veda giusto il Def. Ma almeno un segnale stavolta è chiaro: quella dei prossimi mesi sul ritmo del piano di rientro dei conti, fra l’italia e i suoi interlocutori a Washington e a Bruxelles, stavolta non sarà una conversazione di tutto relax.