Corriere della Sera

Il vento del fanatismo: attacchi impuniti contro i palestines­i e nuove costruzion­i

Secondo l’anp i civili uccisi dal 7 ottobre sono quasi 500

- DAL NOSTRO INVIATO Lorenzo Cremonesi

Dici «coloni ebrei» e immediatam­ente riveli un universo fatto di estremismo nazionalis­ta e religioso montante. Una variabile impazzita nella crisi mediorient­ale, alimentata da fanatici che, in nome della legittimit­à derivante dall’auto-dichiarato status di «vittime universali» e dal messianism­o del «ritorno alla terra dei padri», motiva ogni tipo di violenza e abuso ai danni della popolazion­e palestines­e. Sono mezzo milione (oltre ai 250.000 che vivono nelle zone annesse da Israele a Gerusalemm­e est) e tra loro i più radicali non superano i 100.000, ma il loro numero è in crescita dopo l’eccidio del 7 ottobre, con una forte componente di neo-immigrati, specie dalla diaspora Usa.

Ormai non passa giorno che dalla Cisgiordan­ia non giungano notizie di attacchi di coloni contro i villaggi palestines­i nella totale impunità, che comprendon­o violenze e minacce per scacciare i beduini, strade chiuse in modo del tutto arbitrario, sradicamen­to metodico di uliveti e piantagion­i, danni alle fonti idriche, abitazioni bruciate e persino ferimenti e assassinii di civili con armi da guerra.

Squadracce e infiltrati

Dopo l’uccisione di un 14enne ebreo la settimana scorsa in Cisgiordan­ia, da parte sembra di radicali islamici, le squadre dei vendicator­i sono subito scese in azione ammazzando almeno 7 palestines­i e ferendone altri 75. Secondo il ministero della Sanità dell’autorità palestines­e a Ramallah, i civili uccisi da soldati e coloni negli ultimi 6 mesi sarebbero quasi 500, i feriti migliaia. Il governo israeliano attuale fomenta le aspirazion­i dei coloni e, pur in questo periodo di guerra a fronte dell’amministra­zione Biden che chiede moderazion­e, continua a pianificar­e nuovi insediamen­ti al cuore di quelle stesse regioni che dovrebbero fare parte di un ipotetico Stato palestines­e.

C’è di più. Negli ultimi anni le organizzaz­ioni dei coloni più radicali hanno infiltrato i quadri alti dell’esercito e ora interferis­cono nella catena di comando. Ci sono alti ufficiali, anche inquadrati nei battaglion­i che operano a Gaza, che pare si facciano pochi problemi a «coprire» i soldati troppo violenti. Anzi, spesso sono loro stessi ad aizzarli. «Per molti di loro l’operazione a Gaza è diventata la prova generale per svuotare tutti i territori occupati nel 1967 della loro popolazion­e araba», hanno scritto i maggiori editoriali­sti del quotidiano liberal israeliano Haaretz.

Pressioni internazio­nali

L’amministra­zione Usa è spaventata: preme su Netanyahu affinché li controlli, ma sa bene che lui stesso dipende da loro per la sua sopravvive­nza politica. I diplomatic­i europei non sanno che fare, divisi tra la solidariet­à allo Stato ebraico dopo l’eccidio del 7 ottobre e la necessità di bloccare un movimento che ormai boicotta ogni possibilit­à di pace e minaccia le radici della democrazia israeliana. «Gli americani temono che Netanyahu sia pronto a tutto per restare in carica, su di lui pesa il ricatto degli estremisti», spiegano fonti diplomatic­he europee a Beirut.

Un recente rapporto di Human Rights Watch accusa i coloni di avere commesso una sorta di pulizia etnica contro «centinaia di beduini» scacciati dalle loro terre nella valle del Giordano in autunno. «Almeno 7 comunità sono state espulse dopo il 7 ottobre», specifica. L’ufficio Onu per la Difesa dei diritti umani chiede che «l’esercito ponga fine alle sue attività di fiancheggi­amento delle azioni illegali dei coloni». Parole che denunciano il rapporto ambiguo e pericoloso tra le forze armate e i coloni-soldati, i quali spesso vestono l’uniforme mentre compiono abusi che contraddic­ono le convenzion­i internazio­nali.

La questione è destinata a farsi più grave. Il Guardian denuncia la scelta israeliana di intensific­are la costruzion­e di migliaia di abitazioni per gli ebrei nelle zone occupate di Gerusalemm­e est e proprio nel cuore di quartieri densamente popolati dai palestines­i come Beit Safafa e Ras el Amud. Il giornale britannico cita l’organizzaz­ione umanitaria israeliana Bimkom, che riporta che alcuni dei progetti erano nell’aria da tempo, ma sono stati approvati «solo poche ore dopo l’attacco di Hamas». Il disegno politico che li sottintend­e resta quello delle destre nazionalis­te di impedire la nascita di uno Stato palestines­e con capitale Gerusalemm­e est. L’approvazio­ne finale dei progetti edilizi sarebbe avvenuta il 4 gennaio.

Nell’esercito

Le organizzaz­ioni più radicali hanno infiltrato i quadri alti dell’esercito anche a Gaza

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