Corriere della Sera

«L’iran voleva spaventare ma non potrà mai vincere Il regime ora teme il popolo»

La Nobel Ebadi: l’attacco a Israele è stato un vero errore

- Di Greta Privitera

Come può una vera guerra essere una buona idea, si chiede l’avvocata, attivista iraniana e premio Nobel per la Pace 2003, Shirin Ebadi. Risponde al Corriere dalla sua casa di Londra, il suo esilio dal 2009. Usa sempre l’aggettivo «vero», «vera» per distinguer­e le minacce e le menzogne del regime dalla realtà: «L’attacco iraniano contro Israele è stato un vero errore».

Spieghi.

«Prima di tutto c’è un aspetto militare: gli ayatollah non potranno mai vincere una guerra contro Israele e i primi a saperlo sono proprio loro che subito dopo si sono premurati di dire “per noi è finita qui”. Sapevano anche che Netanyahu avrebbe risposto e lo avrebbe fatto duramente. Vediamo la prossima mossa».

Allora perché hanno attaccato?

«Non ho una risposta certa, per me è una follia. Ma credo che la Repubblica islamica abbia voluto comunicare che se vuole può cambiare le carte in tavola. Che i suoi non sono solo slogan, ma ci tiene che si sappia che ha una vera volontà politica contro lo Stato ebraico. Dal 1979, dalla Rivoluzion­e islamica, sia il primo leader supremo, l’ayatollah Khomeini, che il suo successore Khamenei hanno sempre ripetuto che Israele deve sparire. Probabilme­nte, in questo caos mediorient­ale e dopo l’attacco all’ambasciata di Damasco, il regime ha pensato di spaventare Netanyahu, per far sì che non attacchi né l’iran né i suoi amici».

Cosa dicono le persone che vivono nel Paese?

«Nessuno vuole la guerra. Stiamo vedendo a Gaza che cosa vuol dire: migliaia di morti, case e infrastrut­ture distrutte. Nemmeno gli ayatollah vogliono un conflitto. Urlano, minacciano ma non avrebbero le forze per reggere le bombe israeliane».

Da dopo gli attacchi di sabato, il regime ha aumentato la repression­e nel Paese. Due giorni fa è stata uccisa una ragazza di nome Rozhan Akbari, un’altra Mahsa Amini.

«I leader della Repubblica islamica hanno ben chiaro che più dell’80% dei cittadini li vuole cacciare. Hanno paura che il popolo utilizzi questo conflitto per far scoppiare una guerra interna contro gli ayatollah, o che scenda di nuovo nelle strade. Hanno aumentato la polizia morale, sono tornati a essere molto aggressivi con le donne che non indossano il velo, hanno fatto sapere che chiunque supporti Israele, anche via social, verrà messo in prigione. Il primo, vero nemico di Khamenei è il popolo iraniano».

Una guerra potrebbe accelerare la fine della Repubblica islamica?

«La fine di una dittatura non può avvenire tramite un evento esterno. Gli iraniani sanno come funzionano le rivoluzion­i. Scioperano, manifestan­o, non votano contro il regime perché lo combattono con metodi pacifici e democratic­i: gli unici che cambiano da dentro la cultura del Paese».

Gli ayatollah

Loro sanno che l’80% dei cittadini li vuole cacciare Per questo sono tornati aggressivi con le donne

Che cosa succederà al movimento rivoluzion­ario Donna, Vita, Libertà in questo momento di crisi?

«Si rafforzerà davanti alla debolezza del regime. Questo è molto di più di un movimento, è un cambiament­o culturale e la cultura non la cancelli e non retrocede. Noi donne iraniane, prima della Rivoluzion­e islamica, avevamo la libertà personale e sociale, ma ci mancava quella politica: lo Scià era comunque un dittatore. Nel 1979 abbiamo fatto la Rivoluzion­e perché volevamo ottenere anche la libertà politica, in cambio ce le hanno tolte tutte e tre. Ora è arrivato il tempo di riprenderc­ele».

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Il profilo L’iraniana Shirin Ebadi, 76 anni, premio Nobel per la Pace

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