Corriere della Sera

L’ex premier e quelle voci che lo chiamano ripetutame­nte in causa per ruoli internazio­nali

La partita su von der Leyen e il legame con Meloni

- Di Francesco Verderami

«Non so perché mi debbano trovare sempre un posto lontano dall’italia». Mario Draghi sa perché, ma se ogni volta si serve della stessa battuta è per allontanar­e da sé il dibattito (quasi) tutto italiano sulla sua prossima collocazio­ne internazio­nale. Come non avesse già un ruolo anche senza incarichi. Tempo addietro, quando era dato come sicuro successore di Jens Stoltenber­g alla segreteria generale della Nato, venne intercetta­to al telefono da un amico che gli chiese se le voci di stampa fossero fondate. E lui serafico: «Guarda, mi hai beccato proprio sulla scaletta dell’aereo. Sono in partenza per andare a prendere possesso di quella poltrona».

Anche stavolta si susseguono i rumors sulla sua futura destinazio­ne: scartata la Nato — e messa in stand by l’ipotesi della presidenza del Consiglio europeo di cui pure si era parlato — viene ora accreditat­a la tesi che l’ex premier italiano stia per traslocare alla presidenza della

Commission­e europea. E non è chiaro se «Supermario» sia più divertito o infastidit­o da questi boatos, che raccontano di trame politiche e di contatti tra cancelleri­e per portarlo al vertice del governo dell’unione al posto di Ursula von der Leyen. La nuova fiammata di indiscrezi­oni si è avuta dopo il suo discorso alla High-level conference sui diritti sociali, durante la quale Draghi ha illustrato i profili del piano sulla competitiv­ità che gli era stato richiesto da von der Leyen.

Di certo c’è che la relazione sarà presentata a metà luglio e che sul suo lavoro l’ex presidente della Bce ha potuto constatare un clima molto positivo a Bruxelles. Sul resto, cioè sulle sorti dell’ex presidente del Consiglio, si registra una spasmodica attenzione dei media italiani che non trova però riscontro sui quotidiani degli altri Paesi europei. In effetti se qualcuno parla non necessaria­mente sta pensando di candidarsi a qualcosa. E perché Draghi sia candidato servirebbe un’intesa tra i ventisette Paesi dell’unione e una preliminar­e operazione preparator­ia di cui — a sentire fonti molto autorevoli — «Supermario» non sarebbe a conoscenza.

Anche perché a giugno si vota e sarà dalla composizio­ne dell’europarlam­ento che si capiranno i nuovi rapporti di forza nella Ue. Da un recente sondaggio, condotto da Europe Elects, emerge che potrebbe essere complicato per la vecchia maggioranz­a mettere insieme i voti necessari a eleggere il presidente della Commission­e: le proiezioni, per quanto indicative, annunciano un chiaro successo del Ppe e una flessione di Socialisti e Liberali, a cui si contrappon­e l’avanzata dei Conservato­ri. Chissà se Draghi la pensa come Romano Prodi, che al Corriere ha definito quasi scontata la conferma di von der Leyen. Di sicuro ha un ottimo giudizio sull’operato di Ursula.

Eppoi tutti sanno che i Popolari dovranno sostenere la loro candidata, e che in caso di difficoltà nel Parlamento di Strasburgo apriranno ai negoziati con gli altri gruppi, cercando un rapporto anche con l’ecr di Giorgia Meloni. Se la leader di FDI continua a tenere pubblicame­nte la distanza da von der Leyen è perché si trova in piena campagna elettorale. Ma se da presidente del Consiglio sottolinea sempre il suo «solido rapporto di collaboraz­ione» con la presidente della Commission­e è perché «Ursula si è spesa a favore di Giorgia», aiutandola a superare gli ostacoli posti al governo italiano dalla potente burocrazia europea. Perciò, al momento opportuno, si salderà quel legame che ha scatenato la gelosia dei Socialisti e provocato la reazione del presidente francese. «Per questo — spiega un ministro — Emmanuel Macron vorrebbe fare fuori von der Leyen».

Le indiscrezi­oni

I rumors su Draghi alla guida della Nato o alla presidenza della Commission­e Ue

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