Croazia, il premier vince il duello alle urne con il presidente
Plenkovic è in vantaggio sull’opposizione, guidata dal filorusso Milanovic. Ma da solo non ha i numeri
È piuttosto irrituale che a sfidare alle elezioni il primo ministro in carica sia il presidente della Repubblica in carica, seppure in scadenza. È successo in Croazia, dove ieri si votava per rinnovare il Parlamento da 151 seggi. Al centrodestra di Andrej Plenkovic, premier dal 2016, si contrappone una coalizione di centrosinistra guidata, neppure informalmente, dal capo di Stato Zoran Milanovic, il cui mandato termina a dicembre. Così nelle urne è tracimato lo scontro tra i due vertici istituzionali. L’affluenza ha superato il 60 per cento. Negli exit poll, è in vantaggio l’unione democratica croata (Hdz) di Plenkovic, ma superata la metà dello spoglio sembra che non avrà i numeri per arrivare, da sola, alla maggioranza.
Quando, a metà marzo, sono state convocate le consultazioni, Milanovic è sceso in campo contro Plenkovic. La
Corte costituzionale croata ha escluso la possibilità, per il presidente, una figura in teoria super partes, di partecipare alle elezioni in prima persona, salvo in caso di dimissioni. Milanovic, già premier tra 2011 e 2016, si è rifiutato. Ha continuato a fare campagna per il suo Partito socialdemocratico (Sdp), dando degli «analfabeti» ai giudici. Entrambi ex diplomatici, l’attuale premier ha uno stile più compassato di Milanovic, che insulta gli avversari e ricorre a toni populisti, ma rimane molto popolare nei sondaggi.
Dopo l’invasione dell’ucraina, il presidente ha assunto posizioni filorusse: al contrario di Plenkovic, è contrario all’addestramento di soldati ucraini in Croazia e all’invio di armi a Kiev. «La mossa discutibile del presidente ha creato malesseri anche a sinistra — spiega da Zagabria Giovanni Vale, autore del podcast Uncharted
Europe dello European Data Journalism Network —. La maggioranza delle persone, come la candidata premier dei verdi, ritiene che sarebbe stato più corretto dare le dimissioni. Chi vota socialdemocratico pensa che la corruzione sia arrivata a un livello tale che non si possa permettere un terzo mandato dell’attuale classe dirigente». In otto anni al potere, il centrodestra a causa di indagini e scandali ha dovuto sostituire una trentina tra ministri e sottosegretari. Negli ultimi exit poll, la Hdz è a 59 seggi; la coalizione a trazione Sdp a 43. Il centrodestra punta sui deputati eletti all’estero (tre in totale) e a quelli delle minoranze nazionali (otto in totale), storicamente filogovernativi. Resterebbe comunque sotto la soglia della maggioranza, di 76. In una campagna elettorale corta, durata solo un mese, gli altri partiti hanno escluso di governare con Plenkovic.
Milanovic ha scommesso sulla voglia di discontinuità, propone un esecutivo di «unità nazionale», ma anche coalizzandosi con i verdi di Mozemo (una decina di eletti) non avrebbe abbastanza seggi. Ha flirtato con l’estrema destra, ma allargare l’alleanza al Movimento patriottico (terzo, 12 possibili deputati), nato da una costola della Hdz e quindi suo naturale interlocutore, pregiudicherebbe il sostegno delle forze progressiste dell’opposizione. Plenkovic conta di trovare i voti in Parlamento. Va capito, poi, a chi il presidente darà l’incarico esplorativo per cercare la fiducia. «Nella costituzione croata non è specificato», ricorda Vale. Il caso limite è che Milanovic, anche se è arrivato secondo, lo assegni a se stesso.
L’anomalia
In un caso limite, il presidente potrebbe conferire a se stesso il mandato esplorativo