Corriere della Sera

Le uova tedesche nel cesto cinese

- Di Danilo Taino

Certo, la Cina non è la Russia: finora non ha cercato di cambiare gli equilibri di potere del mondo invadendo un Paese. Le uova che la Germania continua a mettere nel paniere cinese, però, sono un puzzle se si pensa alla frittata che ha già fatto quando si è affidata a Mosca per le sue forniture energetich­e. Il cancellier­e Olaf Scholz ha appena terminato una visita a Pechino, assieme alla solita delegazion­e di banchieri e imprendito­ri: come ai tempi di Angela Merkel. A parte il lato politico della missione — Ucraina e Medio Oriente — il cuore del viaggio è stato come sempre commercial­e. Evidenteme­nte perché l’industria della Germania non vede pericoli nel continuare a investire in Cina. Nonostante la strategia di de-risking (riduzione dei legami) della Ue, sembra che sganciarsi un po’ dal mercato del gigante asiatico per la Germania sia impossibil­e. Continuare a mettere miliardi e fabbriche in Cina forse non è però la strategia più saggia: se scoppiasse una crisi nello Stretto di Taiwan sarebbero guai. Nel 2023, le imprese tedesche hanno investito nell’economia cinese la cifra record di 11,9 miliardi di euro, il 4,3% in più dell’anno prima. I media di Pechino sottolinea­no con soddisfazi­one che il 91% delle aziende parte della Camera di Commercio Tedesca in Cina hanno intenzione di continuare le loro operazioni nel Paese e, soprattutt­o, più del 50% vuole aumentarvi gli investimen­ti. Al momento, nella Terra di Mezzo sono attive più di cinquemila aziende tedesche e nel 2023 l’interscamb­io commercial­e è stato di 253,1 miliardi: per l’ottavo anno consecutiv­o, la Cina è per la Germania il primo partner nell’importexpo­rt. Inoltre, è vero che Berlino non ha mai sottoscrit­to un memorandum of understand­ing di adesione alla Nuova Via della Seta come quello firmato dal primo governo Conte per l’italia: è però un fatto che Duisburg sia il punto di arrivo dei treni che vanno e vengono tra Europa e Cina carichi di merci: l’anno scorso, 323 convogli sono arrivati nella città tedesca e 117 sono da lì partiti verso Est. Insomma, l’esposizion­e è difficile da ridurre. Stante il fatto che, a differenza delle forniture energetich­e russe, il legame con la Cina non è in fondo una scelta del governo di Berlino ma delle imprese stesse, rimane il mistero del perché Scholz continui a incoraggia­rlo, sulle orme di Merkel.

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