Le uova tedesche nel cesto cinese
Certo, la Cina non è la Russia: finora non ha cercato di cambiare gli equilibri di potere del mondo invadendo un Paese. Le uova che la Germania continua a mettere nel paniere cinese, però, sono un puzzle se si pensa alla frittata che ha già fatto quando si è affidata a Mosca per le sue forniture energetiche. Il cancelliere Olaf Scholz ha appena terminato una visita a Pechino, assieme alla solita delegazione di banchieri e imprenditori: come ai tempi di Angela Merkel. A parte il lato politico della missione — Ucraina e Medio Oriente — il cuore del viaggio è stato come sempre commerciale. Evidentemente perché l’industria della Germania non vede pericoli nel continuare a investire in Cina. Nonostante la strategia di de-risking (riduzione dei legami) della Ue, sembra che sganciarsi un po’ dal mercato del gigante asiatico per la Germania sia impossibile. Continuare a mettere miliardi e fabbriche in Cina forse non è però la strategia più saggia: se scoppiasse una crisi nello Stretto di Taiwan sarebbero guai. Nel 2023, le imprese tedesche hanno investito nell’economia cinese la cifra record di 11,9 miliardi di euro, il 4,3% in più dell’anno prima. I media di Pechino sottolineano con soddisfazione che il 91% delle aziende parte della Camera di Commercio Tedesca in Cina hanno intenzione di continuare le loro operazioni nel Paese e, soprattutto, più del 50% vuole aumentarvi gli investimenti. Al momento, nella Terra di Mezzo sono attive più di cinquemila aziende tedesche e nel 2023 l’interscambio commerciale è stato di 253,1 miliardi: per l’ottavo anno consecutivo, la Cina è per la Germania il primo partner nell’importexport. Inoltre, è vero che Berlino non ha mai sottoscritto un memorandum of understanding di adesione alla Nuova Via della Seta come quello firmato dal primo governo Conte per l’italia: è però un fatto che Duisburg sia il punto di arrivo dei treni che vanno e vengono tra Europa e Cina carichi di merci: l’anno scorso, 323 convogli sono arrivati nella città tedesca e 117 sono da lì partiti verso Est. Insomma, l’esposizione è difficile da ridurre. Stante il fatto che, a differenza delle forniture energetiche russe, il legame con la Cina non è in fondo una scelta del governo di Berlino ma delle imprese stesse, rimane il mistero del perché Scholz continui a incoraggiarlo, sulle orme di Merkel.