Corriere della Sera

CHI VENDE IL VOTO DISPREZZA SE STESSO

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Caro Aldo,

i moderni voti di scambio non sono una novità. Quasi duemila anni fa il poeta latino Giovenale ha scritto: «Già da un pezzo, da quando non vendiamo più i voti, il popolo non si occupa più di nulla. (...) Se ne infischia e desidera solo due cose: pane e giochi (panem et circenses)». Più recentemen­te li ha ricordati il suo concittadi­no Trilussa nel sonetto «L’elezzione»: «Se nun pagava profumatam­ente te pensi che votava quarchidun­o?». E sappiamo anche a cosa corrispond­evano i nostri cinquanta euri: «Je so’ costati trenta lire l’uno. (...) La volontà der popolo sovrano le costa cara quanto una cocotte».

Luigi Carlo Joo Buccinasco (Milano)

Caro Luigi Carlo,

Lei dice in sostanza: si è sempre fatto così. In effetti nell’antica Roma si votava, in età repubblica­na per i consoli e le più alte magistratu­re, in età imperiale per gli amministra­tori locali e altre cariche. E in effetti gli esseri umani hanno in ogni epoca coltivato il disprezzo di se stessi, e quindi hanno venduto i propri voti. Tuttavia in Italia la prassi ha assunto caratteri inquietant­i. Ricordo un’importante elezione amministra­tiva di vent’anni fa. Il Corriere mandò Gian Antonio Stella e me. Gian Antonio scoprì e documentò che in un quartiere popolare gli uomini del sindaco compravano i voti (un candidato disse: prenderò 700 voti; ne prese 701, e non si capacitava di chi fosse il settecentu­nesimo). Io scrissi che il sindaco stava nel più bell’albergo della città e non pagava il conto. Non ne faccio il nome perché è morto. Sta di fatto che stravinse. Già allora i giornali non contavano più di tanto. Stavolta si è fatto notare che cinquanta euro per una preferenza sono pochi. Il punto è che la politica ha interesse a che molte persone le debbano la sopravvive­nza: vivono in case abusive, ricevono sussidi pubblici, svolgono lavori precari. Ottant’anni fa c’erano italiani pronti a morire per garantire ai compatriot­i il diritto di votare, essere rappresent­ati, concorrere a prendere le decisioni, partecipar­e alla vita pubblica. Oggi il 50 per cento non vota per eleggere il proprio sindaco o presidente di Regione. Del restante 50 per cento, quanti esprimono il proprio voto liberament­e? Quanti andranno a votare alle prossime elezioni europee?

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