«La morte di Mattia abbia un senso: mai più in campo senza un medico»
«La vendetta non fa per noi. Noi non riusciamo a odiare nessuno», dice Sandro Giani, che fino a lunedì scorso era padre di due ragazzi. Poi, però, Mattia è morto all’ospedale di Careggi dopo che domenica scorsa si era accasciato in campo a Campi Bisenzio (Firenze).
Lui, attaccante del Castelfiorentino, aveva appena segnato un gol contro il Lanciotto «quando è caduto di fronte ai miei occhi e ho pensato che non era vero». Sandro Giani è una persona con la voce buona e gli occhi miti: parla con umanità, mai uno scatto d’ira. «Io non so trovare gli aggettivi e le parole giuste in questo momento», dice.
Lei domenica scorsa era a vedere suo figlio.
«Mattia è andato allo stadio come sempre. Voleva giocare e fare gol. Eravamo a vederlo io, mia moglie Debora, la sua ragazza Sofia, suo nonno Loriano: doveva essere una giornata di gioia».
Che cosa è successo dopo che si è accasciato a terra?
«Siamo corsi dagli spalti verso il campo. Non riuscivamo a entrare. Ho chiamato l’ambulanza ma ci ha messo un quarto d’ora (17 minuti, in realtà, stando all’arbitro, ndr) per arrivare. Non c’era un medico a bordo campo. È stato tirato fuori il defibrillatore ma non è stato usato. Mio figlio è stato soccorso dal massaggiatore del Castelfiorentino. Ho chiamato il 118 più volte, ho chiesto che venisse attivato l’elisoccorso, nulla. Poi dagli spalti è scesa una dottoressa che era tra gli spettatori per prestare soccorso. Infine è arrivata l’automedica: solo a quel punto è stato usato il defibrillatore».
I pm hanno ipotizzato il reato di omicidio colposo a carico di ignoti.
«Nessuno potrà restituirci mio figlio. Il dolore più grande, per un genitore, è sopravvivere al proprio figlio. Lei la vede questa casa? È una casa normale. Io ho una lavanderia, noi siamo persone normali. Non ci sono mai interessati i soldi. Ma questa che lei vede era la casa della felicità. Da domenica non lo è più».
Lei non ha fatto denuncia.
«Ho esposto ai carabinieri quello che avevo già detto al Corriere della Sera, non ho fatto denuncia. Questo perché voglio la verità ma non odio nessuno. E perché penso che la morte di Mattia debba servire a qualcosa».
A cosa esattamente?
«Voglio che passi un messaggio ben preciso. La Figc deve impedire che una competizione calcistica si svolga se non c’è il medico a bordo campo. Se una società calcistica, che paga dei soldi per avere i giocatori, non si può permettere di pagare un medico, allora è meglio che non si giochi. Mio figlio non beveva e non fumava, aveva avuto dei problemi al ginocchio. Può essere successo di tutto, quella domenica. Può essere che il destino abbia voluto così. Ma non deve più accadere che un ragazzo non sia soccorso da un medico se si sente male in campo».