Giorgetti: lavoriamo per la stabilità dei conti Panetta: l’italia tiene nonostante le crisi
Il ministro: il Fmi sottostima la nostra crescita
«Il Fondo Monetario è prudente e storicamente ha sempre sottostimato le previsioni sull’italia»: alla fine dei vertici primaverili del Fmi e della Banca Mondiale, il ministro dell’economia Giancarlo Giorgetti dice di non essere preoccupato per la revisione delle previsioni di crescita 2024 del nostro Paese dall’1,1 allo 0,7%: «Visti i precedenti, una differenza minima mi conforta sulla fondatezza della nostra analisi. Del resto anche noi, con due guerre in corso, abbiamo rivisto le previsioni di crescita al ribasso. Come hanno fatto anche tutti gli altri Paesi». Mentre sui conti pubblici il ministro ha ripetuto che senza la zavorra del superbonus il processo di rientro del debito sarebbe già iniziato, il governatore di Bankitalia, Fabio Panetta, ha messo in fila le crisi internazionali che negli ultimi sei mesi hanno frenato le economie: la guerra a Gaza dopo il massacro di Hamas del 7 ottobre, gli attacchi alle navi mercantili nel Mar Rosso che pesano sui commerci, l’aumento del prezzo delle materie prime e l’attacco dell’iran a Israele che porterà a ulteriori sanzioni a un Paese petrolifero con conseguenti, nuove tensioni sui prezzi dell’energia: «Non è l’italia che rallenta: rallenta il mondo». Nella riunione del G7 economico, ha aggiunto Giorgetti, è stata avviata la discussione sulle ulteriori sanzioni contro Teheran. Anche qui con problemi economici ma anche politici: i Paesi del G20 non sono allineati a quelli del G7 nella volontà di punire l’iran.
Gli aiuti a Kiev
Quanto all’ucraina, il ministro dell’economia, che ha incontrato il suo collega di Kiev, Sergii Marchenko, ha detto che gli aiuti al Paese invaso dalla Russia nell’immediato verranno dall’america col Congresso che a giorni dovrebbe sbloccare forniture militari e sostegni economici. Per i beni russi sotto sequestro in Europa che Washington vorrebbe vedere usati per finanziare la ricostruzione dell’ucraina, Giorgetti ha detto che la questione «complessa e delicatissima» è stata lungamente discussa: a fine maggio, al vertice di Stresa dei ministri economici del G7, verrà definita la proposta da portare, a giugno, sul tavolo del summit dei leader occidentali, in Puglia. Il ministro ha avuto anche un colloquio con il Segretario del Tesoro americano Janet Yellen.
Panetta ha spiegato la prudenza con la necessità di trovare soluzioni «con una base legale forte» per evitare ogni rischio di instabilità finanziaria e tutelare il ruolo di dollaro ed euro come principali valute di riserva: «Ci sono banche centrali di Paesi vicini a Mosca che stanno diversificando le loro riserve investendo in oro. Un’incertezza che potrebbe ledere il ruolo di dollaro ed euro. Va evitato».
La Bce
Intanto a Bruxelles la Bce ha presentato al Parlamento europeo il rapporto annuale: nel 2023, anche grazie alla stretta monetaria (tassi saliti da gennaio a settembre di 2 punti percentuali) l’inflazione ha registrato un calo del 6,3%: dal 9,2 di fine 2022 al 2,9 del dicembre scorso. Il vicepresidente della Bce, Luis de Guindos, ha spiegato che, se verrà confermata la solidità di questo calo, «sarà appropriato cominciare a ridurre il costo del denaro» già a giugno. Una conferma dell’intenzione di tagliare i tassi prima della Federal Reserve negli Usa, già espressa in questi giorni, qui a Washington, dalla presidente della Bce, Christine Lagarde. I numeri del rapporto Bce spiegano chiaramente questo orientamento: rispetto agli Usa, in forte crescita e con un’inflazione di nuovo in ripresa dopo il sensibile calo dei mesi scorsi, l’europa ha prezzi più “freddi”, ma anche una crescita debolissima (dopo la recessione tedesca dello scorso anno) con un basso livello di investimenti privati legato a una domanda interna abbastanza depressa e a un costo del denaro elevato.
Per il medio periodo la direttrice del Fmi Kristalina Georgieva suggerisce una «ricetta americana» per crescere di più: spinta all’innovazione che aumenta la produttività e ricorso alla manodopera d’immigrazione per un mercato del lavoro più flessibile e non surriscaldato.