«In laboratorio lavoro contro l’osteosarcoma»
Un possibile vaccino, da integrare alle terapie standard per migliorare il trattamento dell’osteosarcoma nei pazienti pediatrici. A questo si dedicherà, fino a febbraio 2025, la 31enne Lidia Tarone, biotecnologa al dipartimento di Biotecnologie molecolari e Scienze per la salute presso l’università di Torino e tra i 209 ricercatori finanziati fino a oggi nel campo dell’oncologia pediatrica dalla Fondazione Umberto Veronesi. «L’osteosarcoma è un tumore osseo che si manifesta nei bambini e negli adolescenti durante il periodo dello sviluppo. Insorge più comunemente nelle ossa lunghe, quelle che crescono più in fretta, come il femore o la tibia. L’eziologia è incerta, ma oltre all’età ci sono fattori di rischio che possono contribuire al possibile sviluppo come specifiche alterazioni genetiche o di rado anche l’esposizione a radiazioni ionizzanti, richieste per esempio per trattare un precedente tumore. Ci può essere un secondo picco di incidenza dopo i 60 anni, ma nell’adulto è meno frequente». L’osteosarcoma, infatti, viene considerato un tumore pediatrico, raro: si registrano circa 100 casi all’anno in Italia. Il principale trattamento approvato prevede la chemioterapia neoadiuvante che precede l’asportazione chirurgica del tumore, a cui seguono ulteriori cicli di chemioterapia post-operatoria che spesso comportano pesanti effetti collaterali. «Questa neoplasia mostra, però, un’alta resistenza alle cure convenzionali che sono poco efficaci nel contrastare lo sviluppo di metastasi, principalmente al polmone, con un tasso di sopravvivenza che non supera il 20-30% — prosegue Tarone —. Da precedenti studi su altri tipi di tumore è emerso che la molecola Cspg4 ha un ruolo nel favorire le caratteristiche maligne delle cellule neoplastiche, sostenendone la proliferazione, la migrazione e la resistenza alle terapie standard. Di recente il nostro gruppo ha dimostrato che questa molecola è presente anche nell’osteosarcoma dove sembra svolgere lo stesso ruolo. Il Cspg4 ha la caratteristica di essere espresso solo dalle cellule tumorali. Questo è un elemento importante perché permette di ipotizzare di percorrere in modo sicuro la strada della vaccinazione a Dna. È un tipo di vaccino che può stimolare il sistema immunitario in modo specifico contro un preciso bersaglio terapeutico, nel nostro caso attaccare in modo selettivo le cellule neoplastiche, ignorando quelle sane. L’obiettivo è di sperimentare la combinazione di un vaccino anti-cspg4 con la chemioterapia, nella speranza di superare la resistenza ai trattamenti e migliorare l’efficacia delle cure».