Corriere della Sera

«Le grandi città nell’ue devono contare di più Servono nuove regole»

Il sindaco di Barcellona Collboni a Milano

- Di Alessandra Muglia

Ama le sfide Jaume Collboni, che da quasi un anno guida Barcellona come leader di un partito che ha la maggioranz­a più debole della storia recente nell’unica grande città progressis­ta in Spagna.

«Non si stupisca — dice al Corriere a margine dell’incontro tenuto a Milano per il lancio della campagna di Pierfrance­sco Maran per le Europee, presente il sindaco Beppe Sala —. Abbiamo una grande esperienza politica. Siamo il partito che ha governato Barcellona per 35 anni, gestito la sua trasformaz­ione, fin dai Giochi Olimpici. Una conoscenza che sta tornando utile in questa fase in cui siamo in minoranza. Ci aiuta poi una struttura di potere che dà stabilità al governo municipale. Per esempio in caso non venga superata la fiducia legata all’approvazio­ne del bilancio comunale, come è successo ora, c’è una clausola anti blocco che concede all’opposizion­e un periodo per proporre un sindaco alternativ­o. Se non lo trovano l’amministra­zione non cade».

Lei è diventato sindaco grazie all’appoggio dei popolari. Avete dovuto poi fare loro delle concession­i?

«No, restiamo partiti antitetici, hanno anche votato contro alla fiducia sul budget. Hanno appoggiato la mia candidatur­a solo per evitare che vincesse il leader indipenden­tista. Sostenere me, per loro, è stato il male minore».

Lei vuole riconnette­re Barcellona a Madrid e al resto della Spagna ma anche all’europa. Chiede che le città siano più protagonis­te nelle istituzion­i europee. Perché?

«Oggi le grandi città ospitano il 50% della popolazion­e europea. Sono l’ultimo miglio della politica europea: è qui

che si concentran­o le contraddiz­ioni e le sfide per il futuro dell’europa, dalla transizion­e ecologica al problema della casa. Ma la nostra importanza nel risolvere questi problemi non corrispond­e al nostro peso istituzion­ale nell’architettu­ra europea. Chiediamo che nella riforma dei Trattati per l’allargamen­to dell’ue sia introdotta la consultazi­one vincolante delle grandi città europee».

Può essere considerat­a

questa una forma diversa di autonomia rispetto a quella rivendicat­a dai partiti indipenden­tisti?

«Il mio lavoro oggi è quello di riposizion­are Barcellona all’interno dello Stato spagnolo dopo gli anni di instabilit­à politica legata al processo indipenden­tista catalano. Io mi considero sindaco della capitale della Catalogna ma anche sindaco della co-capitale della Spagna, visto il peso economico, culturale e scientific­o di Barcellona».

L’incognita Puigdemont nelle elezioni catalane del 12 maggio può mettere in difficoltà il capo del governo Sánchez?

«Tutti i sondaggi dicono che il partito socialista vincerà le elezioni. Credo che il messaggio di Puigdemont guardi al passato, un invito a tornare indietro dove oggi la grande maggioranz­a dei catalani non vuole andare. Non c’è progetto, non c’è sguardo sul futuro».

Come vede il futuro prossimo

di Barcellona e Milano?

«Abbiamo molte cose in comune: siamo città con una grande forza economica, non capitali di Stato ma a vocazione europea, entrambe a guida progressis­ta, e possibili laboratori di avanguardi­a di politiche pubbliche. Abbiamo la formula per risolvere questioni come l’accesso alla casa, i trasporti, la transizion­e ecologica, ma ci mancano i soldi. Sa come abbiamo finanziato la climatizza­zione verde delle scuole pubbliche, elementari e medie, di Barcellona? Con le tasse di soggiorno dei turisti. Per l’accesso alla casa, complicato dal proliferar­e di alloggi turistici e affitti brevi, il problema di Barcellona è lo stesso di Milano, Lisbona, Parigi... Dovremmo poterlo affrontare con lo stesso strumento legislativ­o e finanziari­o comunitari­o».

L’obiettivo

Voglio riposizion­are la città dopo l’instabilit­à legata al processo indipenden­tista catalano

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Catalano Jaume Collboni, 54 anni, è il sindaco socialista di Barcellona dal giugno 2023

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