«Quei 12 carabinieri uccisi dai partigiani titini 80 anni fa»
Desidero raccontare una triste storia, riportata alla luce dal giornalista e storico Antonio Russo: 80 anni fa, 12 carabinieri italiani vennero uccisi sulla montagna di Plezzo nel Tarvisiano. Tra loro c’era anche mio zio Adelmino Zilio, ma mio padre preferiva non ricordare la morte atroce del fratello. Era rivolto a lui l’invito dei carabinieri alla cerimonia per il conferimento delle medaglie d’oro nel 2009, ma lui si rattristò: «Io non ci vengo, avevo impiegato due giorni con la tradotta per andare al funerale di Nino nel 1944». Così mi trovai io a rivivere una storia della mia famiglia che non conoscevo. La sera del 23 marzo 1944, il gruppo di partigiani titini comandati da Likar Socian, catturò i carabinieri a guardia della centrale idroelettrica di Plezzo (ora Bovec, Slovenia), località importante per la miniera di Cave del Predil da cui si estraeva il piombo usato per i proiettili delle truppe tedesche. I partigiani fecero saltare la caserma e la centrale. Passarono la notte con i prigionieri sul monte Izgora, poi si diressero verso l’altopiano di Lojie. La sera somministrarono loro un minestrone con sale nero, soda caustica e varecchina. La mattina del 25 marzo iniziarono la salita verso Malga Bala. Uncinarono e appesero a una trave a testa in giù il brigadiere Perpignano, legarono i prigionieri con filo spinato e li uccisero a picconate, fine riservata dal regime comunista in segno di dispregio, perché carabinieri e italiani. I corpi furono abbandonati nella neve. Erano: Primo Amenici, Lindo Bertogli, Michele Castellano, Domenico Dal Vecchio, Antonio Ferro, Dino Perpignano, Pasquale Ruggiero, Pietro Tognazzo, Attilio Franzan, Fernando Ferretti, Adelmino Zilio, Rodolfo Colzi.
Renzo Zilio, Dolo (Venezia)