Pogacar e Van der Poel, la Liegi diventa uno show
La corsa monumento del Nord festeggia le 110 edizioni e propone il faccia a faccia tra i due fenomeni
Il menù è da pranzo di matrimonio e quindi pesantino da digerire: 254 chilometri con tremila metri di dislivello e undici côtes, l’equivalente dei muri fiamminghi declinati però alla vallone, ovvero più lunghi, ugualmente ripidi e un po’ meno sconnessi con un meteo tendente al gelo che dopo la Freccia Vallone di mercoledì scorso (120 tra ritirati e semi assiderati) fa paura. Il monumento Liegi-bastogne-liegi festeggia le 110 edizioni e mai come questa volta si annuncia come uno scontro diretto tra due grandissimi attori con gli altri che cercheranno in ogni modo di uscire dal ruolo di comparse.
Tadej Pogacar la Liegi l’ha già vinta nel 2021 ma ha un conto aperto con la prova: lo scorso anno una stupidissima distrazione nella prima parte del tracciato gli costò ritiro e frattura del polso. Il recupero forzatamente lento gli impedì di difendersi a dovere nella sfida contro Vingegaard al Tour de France. Lo sloveno arriva alla partenza dopo quattro settimane di ritiro monastico in Spagna e un inizio di stagione brillantissimo: dei cinque monumenti questo è quello che ama e gli si addice di più. Mathieu Van der Poel ha già divorato Fiandre e Roubaix
(cedendo la pietanza Milano-sanremo allo scudiero Philipsen) e rifiutato un’amstel Gold Race per lui un po’ opaca ma non ha perso l’appetito. Il campione del mondo sa che la Liegi non è il monumento che gli si addice di più (anche se è il Lombardia a essere quasi impossibile per lui) per via di salite troppo lunghe per le sue gambe esplosive. Ma il sesto posto del 2020 (la sua unica presenza) unito a un’innata voracità lo mettono di buon umore.
Pogacar spiega di «amare così tanto la Roubaix da aver fatto la ricognizione della vigilia anche sotto il diluvio universale. Non aspettatevi il nostro solito attacco da molto lontano perché in una corsa dura sarebbe rischiosissimo». Van der Poel replica spiegando che «Pogacar è il chiaro favorito ma io sono ancora in ottima forma e assistito da una grande squadra». L’olandese invita a guardare anche agli altri (un successo di un outsider, quasi mai di un carneade, qui accade spesso) e fa i nomi di Carapaz, Pidcock, Benoot, Skjelmose, Van Gils, Teuns e Lutsenko.
Italiani? Molto pochi e quasi tutti in ruoli di gregariato, sia pur nobile come nel caso di Fausto Masnada: l’ultimo nostro successo alla Liegi (che abbiamo conquistato 12 volte nella storia) risale a 17 anni fa quando trionfò il dimenticato (la squalifica a vita per doping non aiuta a rinfrescare la memoria) Danilo Di Luca.