Addio a Fausta Squatriti, l’arte come racconto poetico
Si è spenta a Milano una personalità versatile. Il suo lavoro, che s’ispirava alle Avanguardie, spaziava tra la pittura, la scultura e la letteratura
Se n’è andata come una luce spenta improvvistamente a una festa: Fausta Squatriti è morta ieri mattina a Milano all’età di 83 anni, dopo una folgorante malattia. Artista dal carattere solare e con una visione eclettica e sfaccettata, ha percorso tutta la sua intensa esistenza (ha esordito a 16 anni, da vera enfant prodige) tra pittura, scultura, insegnamento, poesia e narrativa, dando sempre prova di una originalità espressiva che si univa a una straordinaria qualità umana.
Perennemente ai confini tra diversi mondi, quello dell’arte plastica e quello della letteratura (ha scritto numerosi romanzi e volumi di poesie), è stata protagonista, sin dagli anni Sessanta, di una stagione nella quale ha costruito una sua precisa identità con opere di grande eleganza e forza estetica. Ricercava una formalizzazione rigorosa e potente, ma era anche sempre attenta a una visione etica e avvolta da un senso di responsabilità.
Il suo lavoro, ispirato alle Avanguardie, con un riconoscimento in musei internazionali, si è articolato in un costante racconto poetico che ha trovato una sintesi nella copertina de «la Lettura» (numero 401) e nelle parole di Carl Gustav Jung: «I drammi più commoventi e più strani non si svolgono nei teatri, ma nel cuore degli uomini». E Fausta Squatriti entrava davvero nel cuore dell’umanità, come quando ha allestito Opera al nero, una mostra nella chiesa di San Bernardino alle Ossa in cui ha fatto convivere le sue essenziali sculture con i fantasmi di tante vite.
Donna colta, dai modi delicati ed eleganti, talvolta anche scanzonati e pungenti, con i suoi occhi scuri e un sorriso contagioso aveva, nel tempo, incantato tutti: da Lucio Fontana (di cui ha prodotto, da editrice, una serie di piccole e potenti sculture) a Man Ray che le aveva dedicato un’opera, intitolandola Fausta la bella. Era un’artista capace e affascinante, amica di tante artiste donne e di molti artisti da cui era costantemente corteggiata. Tra l’altro, è stata compagna per anni di Getulio Alviani: con lui ha condiviso l’amore per la ricerca dei materiali e il rigore del linguaggio.
Era sempre sorridente e ironica, sino all’ultimo: quando i medici le hanno diagnosticato la malattia che non dava scampo, ha trovato la forza di scherzare: «Anche a me che sono stata bellissima, tocca di morire». Perché sapeva riconoscere il valore, ma anche i limiti, della bellezza. In uno dei suoi versi aveva scritto: «La bellezza fa palpitare perché ha in sé il segno dell’effimero». Gli amici le daranno l’ultimo abbraccio a Sant’Ambrogio venerdì 26 aprile, alle 11.