«Investimenti e Pil, Patto inadeguato»
L’eurodeputata Tinagli (Pd): cambiare le nuove regole? Adesso diventa molto difficile
«L’ho detto anche a dicembre all’indomani dell’intesa trovata in Consiglio dai ministri dell’economia: il patto di Stabilità che ne è uscito snatura la proposta originaria ed è inadeguato». Irene Tinagli, eurodeputata pd e presidente della Commissione Problemi economici del Parlamento europeo, si è astenuta mercoledì durante il voto in plenaria a Strasburgo.
Perché?
«Perché non è sufficiente per affrontare gli investimenti e le sfide geopolitiche che l’europa ha di fronte. Sono le sfide che Draghi ci ha ricordato. Non possiamo applaudire Draghi e poi fare finta di niente quando ci sono da prendere decisioni. Non ho votato contro perché rispetto alle regole vecchie un passo avanti è stato fatto. Ma abbiamo perso un’occasione storica e temo che ne pagheremo il prezzo nei prossimi anni. E parlo come Ue nel complesso, non come Italia».
La proposta della Commissione vi piaceva. Perché il testo finale non vi ha convinto?
«Il Consiglio ha introdotto una serie di vincoli aggiuntivi in contrasto con la filosofia iniziale che dava margini di discrezionalità e la possibilità di fare investimenti tarati sulle esigenze di ciascun Paese. Inoltre i vincoli inseriti non riguardano solo i Paesi ad alto debito come l’italia: anche quelli a medio debito dovranno fare aggiustamenti rigorosi. Rischiamo di avere politiche restrittive in tutta l’ue che possono far rallentare domanda e investimenti e quindi frenare la crescita europea».
Ma è prevista della flessibilità. Non basta?
«La flessibilità che ha negoziato il governo, che tiene conto del rialzo degli interessi sul debito, è veramente minima e non ancora ben quantificabile, e soprattutto è prevista solo fino al 2027, che guarda caso è la scadenza delle elezioni politiche in Francia in Italia, non è esattamente quella che io chiamerei una visione nell’interesse comune europeo».
Italia e Francia hanno concesso troppo nel negoziato alla Germania?
«Italia e Francia hanno marciato divise e questo le ha indebolite. I vincoli aggiuntivi sarebbero stati accettabili solo se affiancati dalla creazione di strumenti europei di investimento per compensare i minori margini dei governi. Ma su questo fronte non c’è stato coraggio, perché la Germania e i frugali, gli stessi che hanno imposto i vincoli nella proposta della Commissione, non volevano l’introduzione di nuovi strumenti europei».
FDI, FI e Lega sostengono che il Patto sarà riaperto e rinegoziato nella prossima legislatura. Anche lei lo pensa?
«Non vedo come sia possibile riaprirlo subito vista la complessità e il capitale politico speso in questo negoziato. È per questo che abbiamo insistito per migliorarlo di più ora e in Parlamento ce l’avevamo fatta. Ma nel negoziato in Consiglio sono prevalse dinamiche politiche nazionali a cui il nostro governo non è stato in grado di opporsi. Ancora manca il voto finale in Consiglio: se credono sia facile riaprire il negoziato, lo facciano. Buona fortuna».
Cosa accadrà?
«Spero si possa integrare questa governance con strumenti di investimento europei, come un potenziamento del bilancio Ue e la creazione di un debito comune per finanziare priorità e beni comuni europei. Dipenderà dall’esito del voto a giugno perché i partiti di centrodestra e i conservatori sono contrari a questo tipo di evoluzione».
Vi hanno dato degli «irresponsabili».
«Si è irresponsabili quando non si applicano le regole dopo che sono state approvate democraticamente, diverso è esprimere le proprie critiche e perplessità durante il percorso legislativo: lo ritengo non solo un diritto ma un dovere democratico».
Non risponde alle urgenze geopolitiche e agli investimenti necessari
La flessibilità negoziata è minima e prevista solo fino al 2027