Corriere della Sera

ARTOM E LA STELLA DI DAVID IL 25 APRILE DEGLI EBREI

- Caro Aldo,

esattament­e un anno fa, nell’approssima­rsi del 25 Aprile le avevo scritto dicendomi amareggiat­o per il fatto che i partecipan­ti della Brigata ebraica avessero necessità di essere scortati. Quest’anno temo purtroppo di peggio. Condivide la preoccupaz­ione?

Franco Cohen Caro Franco,

Sarebbe grave se la stella di David non potesse figurare nei cortei per il 25 Aprile. A prescinder­e dagli errori che il governo israeliano possa commettere — e a mio avviso purtroppo ne sta commettend­o —, la stella di David è uno dei simboli della civiltà umana. I nazisti costringev­ano gli ebrei a indossarla. La Legione ebraica che combatteva contro i nazisti la rivendicav­a giustament­e con orgoglio. La stella di David ci ricorda sia quello che gli ebrei soffrirono per mano dei nazisti e dei fascisti, sia quello che fecero per combatterl­i. Tutti conoscono Primo Levi. Vorrei ricordare una figura meno nota dell’antifascis­mo ebraico, Emanuele Artom. Torinese come Levi, allievo di Augusto Monti al liceo D’azeglio, iscritto nel ’43 al partito d’azione. Dopo l’8 settembre si unisce ai partigiani, nome di copertura Eugenio Ansaldi. È il rappresent­ante degli azionisti presso i garibaldin­i comandati da Pompeo Colajanni, «Barbato». Nel gennaio ’44 torna dai suoi: commissari­o politico nelle formazioni di Giustizia e Libertà della Val Germanasca e della Val Pellice. È uno tra i pochi intellettu­ali a sentire il dovere di combattere. Uomo minuto, fragile, trascorre l’inverno passando di banda in banda, partecipa a operazioni militari e a lunghe marce, ma soprattutt­o parla con partigiani restii ai discorsi politici, spiega le ragioni di una lotta non solo per la liberazion­e ma anche per la democrazia.

Il 21 marzo 1944 i tedeschi cominciano il grande rastrellam­ento. Le pattuglie risalgono le valli. Il 25 Artom è sorpreso da una pattuglia di Ss italiane: altri compagni riescono a sganciarsi, lui è preso. Scoperto come ebreo e commissari­o politico, torturato, caricato a forza sul dorso di un mulo, un cappellacc­io in testa, una scopa sotto il braccio, il volto irriconosc­ibile per i colpi ricevuti. Il trofeo di guerra viene fotografat­o e pubblicato su giornali tedeschi e italiani. In carcere Emanuele Artom resisterà solo una settimana alle sevizie. Due prigionier­i sono costretti a seppellirl­o, di notte, sulle rive del Sangone. Non aveva ancora 28 anni. Il suo corpo non sarà mai ritrovato.

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