«La denuncia per un furto in casa, ho perso solo tempo»
Nel 2021 ho subito un furto nel mio appartamento. Nel panico del momento, ho creduto necessario chiamare la polizia. Come era prevedibile, gli agenti si sono limitati a guardare il caos lasciato dai ladri. Mi hanno informato che per presentare denuncia avrei dovuto recarmi presso una caserma, non potendo loro raccogliere le mie dichiarazioni sul posto. La mattina seguente sono andata alla sezione locale dei carabinieri dove ho formalizzato la denuncia, poco fiduciosa rispetto agli esiti, tuttavia persuasa della necessità sociale dell’atto ai fini della statistica. Qualche giorno fa, a distanza di tre anni dalla denuncia del furto, nella cassetta della posta trovo un avviso col quale mi si invita a recarmi ad un non vicino posto di polizia «per la notifica di atti giudiziari»: prendo un giorno di ferie e mi reco all’indirizzo segnalato. Qui mi si notifica la richiesta di archiviazione del procedimento attivato con la mia lontana denuncia. Mi si informa che potrò visionare gli atti relativi previa prenotazione e recandomi di persona presso la stanza 414 di un indirizzo non menzionato, ma che presumo sia a piazzale Clodio. Mi si informa altresì che potrò presentare opposizione all’archiviazione, recandomi sempre di persona presso la stanza 245 del medesimo indirizzo ignoto. Nel 2024, nell’era dell’informatica, l’era degli Spid e delle Pec, per una inutile denuncia di furto ho già perso un giorno di lavoro, e un altro ne dovrei perdere se volessi ostinarmi a chiedere giustizia. Quando subirò il prossimo furto (a Roma si tratta appunto di un «quando», non di un «se») spiace per la statistica, mi limiterò a pulire casa senza dire niente a nessuno.