Corriere della Sera

«La denuncia per un furto in casa, ho perso solo tempo»

- Cristina Zuppa, Roma

Nel 2021 ho subito un furto nel mio appartamen­to. Nel panico del momento, ho creduto necessario chiamare la polizia. Come era prevedibil­e, gli agenti si sono limitati a guardare il caos lasciato dai ladri. Mi hanno informato che per presentare denuncia avrei dovuto recarmi presso una caserma, non potendo loro raccoglier­e le mie dichiarazi­oni sul posto. La mattina seguente sono andata alla sezione locale dei carabinier­i dove ho formalizza­to la denuncia, poco fiduciosa rispetto agli esiti, tuttavia persuasa della necessità sociale dell’atto ai fini della statistica. Qualche giorno fa, a distanza di tre anni dalla denuncia del furto, nella cassetta della posta trovo un avviso col quale mi si invita a recarmi ad un non vicino posto di polizia «per la notifica di atti giudiziari»: prendo un giorno di ferie e mi reco all’indirizzo segnalato. Qui mi si notifica la richiesta di archiviazi­one del procedimen­to attivato con la mia lontana denuncia. Mi si informa che potrò visionare gli atti relativi previa prenotazio­ne e recandomi di persona presso la stanza 414 di un indirizzo non menzionato, ma che presumo sia a piazzale Clodio. Mi si informa altresì che potrò presentare opposizion­e all’archiviazi­one, recandomi sempre di persona presso la stanza 245 del medesimo indirizzo ignoto. Nel 2024, nell’era dell’informatic­a, l’era degli Spid e delle Pec, per una inutile denuncia di furto ho già perso un giorno di lavoro, e un altro ne dovrei perdere se volessi ostinarmi a chiedere giustizia. Quando subirò il prossimo furto (a Roma si tratta appunto di un «quando», non di un «se») spiace per la statistica, mi limiterò a pulire casa senza dire niente a nessuno.

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