Corriere della Sera

Piero Pelù Ora rinasco

Dopo un lungo periodo di stop forzato, il rocker torna in tour e pubblica il nuovo album «Deserti» «Un incidente sul lavoro: ho avuto uno choc acustico Ma io sono come il ferro che resiste anche se subisce un impatto molto violento»

- Di Andrea Laffranchi

Piero Pelù ci scherza sopra. «Cosa?». Gli si ripete la domanda e finge ancora di non sentire, portando pure la mano dietro l’orecchio. La scorsa estate ha dovuto cancellare un tour e fermare la lavorazion­e di un album per curare un acufene, un disturbo dell’udito. Due settimane fa ha annunciato il ritorno con il rock aggressivo di «Novichok», domani tocca a quello melodico-etnico di «Maledetto cuore», in attesa del nuovo album «Deserti» (7 giugno) e della ripartenza dei concerti il 29 giugno.

Come vanno le orecchie?

«È stato un incidente sul lavoro. Ero in studio di registrazi­one e ho subito uno choc acustico. Avevo cambiato cuffie e il fonico non ha fatto bene i calcoli: ho perso i sensi, sono cascato a terra. A quello si sono sommati i miei di errori: non ho fatto subito i controlli e ho trascurato il problema. Il danno è irreversib­ile, ho recuperato un po’ ma da questi choc non si guarisce. Posso aggirare il problema con la tecnologia. Un sistema acustico ben calibrato mi permette di affrontare di nuovo il palco: devo creare l’inferno sonoro fuori, ma in cuffia è come se avessi Casadei».

Nel post con cui ha annunciato il ritorno ha confessato di aver «combattuto la depression­e»...

«Sono come il ferro che resiste a un impatto violento... Alle preoccupaz­ioni per la salute, si sono sommati i pensieri legati alla fine dei Litfiba. Ho cercato un aiuto profession­ale, cui mi rivolgo ancora, e sono riuscito ad aprire delle belle porte. In “Maledetto cuore”, ad esempio, canto “ho bisogno di te”: lo diciamo raramente, ma abbiamo bisogno degli altri per non perderci in quei buchi neri con cui sto facendo i conti».

Con Ghigo Renzulli è finita male? Cosa ha pensato dopo

l’ultimo show dei Litfiba, peccato o per fortuna?

«Il mio essere Litfiba nel profondo, me lo sono pure tatuato sulla pancia a fine tour, ha sperato che gli ego si calmassero e che, nonostante gli annunci, non sarebbe stato l’ultimo tour. E invece... Non si cambia la testa della gente. E dire che siamo persone mature, non una boyband. C’è chi vuole rimanere ancorato al passato, vedi anche il momento storico che stiamo vivendo oggi, e chi invece cerca di mantenere viva la parola libertà che nel caso di un artista significa sperimenta­re».

A proposito di momento storico e di passato, in «Novichok» canta di vincitori che fanno la storia e di memoria corta...

«È in atto un tentativo di riscrivere la storia, vedi il discorso di Scurati sul 25 Aprile censurato dalla Rai. Sembra che qualcuno non ricordi che la nostra democrazia, nata dalle ceneri del fascismo, ha permesso ad Almirante e all’msi di entrare in Parlamento. In democrazia c’è pluralità, nella dittatura no».

Confesso che mi sto facendo aiutare da un profession­ista per combattere la depression­e causata anche da pensieri legati alla fine dei Litfiba

Ghali dice che i musicisti non si espongono per paura di perdere consenso.

«Io mi sono sempre esposto... Le colpe più gravi di questo non esporsi le imputo a Berlusconi. Lui ha inculcato il qualunquis­mo e l’opportunis­mo dentro ognuno di noi. E così oggi si preferisce parlare dei fattacci dei Ferragnez».

«Novichok» è il veleno che avrebbe ucciso Navalny...

«Che Putin usi quel gas contro gli oppositori è un dato di fatto, ma la canzone ha un senso più largo. Siamo in un’epoca in cui tutto è avvelenato: il cibo, l’aria, le notizie. È difficile essere cittadini consapevol­i».

Sono 25 anni da «Il mio nome è mai più», il brano pacifista per Emergency con Ligabue e Jovanotti...

«Non ho mai smesso di suonarla, non ho mai smesso di dire “mai più” alle guerre. Oggi parliamo di Palestina e Ucraina, ma ci dimentichi­amo di Sudan, Afghanista­n, Birmania e altri conflitti. Sono un pacifista e obiettore di coscienza grazie a nonno Mario, un antifascis­ta che mi ha inculcato il ripudio delle guerra e delle armi. Mi manca moltissimo una figura come Gino Strada. Oggi credo sia difficile trovare le parole giuste per una nuova canzone contro la guerra, magari potrebbero farla dei rapper... Nell’album ho messo una mia versione per l’anniversar­io ma comunque ci stiamo risentendo, io, Luciano e Lorenzo, per capire cosa fare».

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Piero Pelù è nato a Firenze, il 10 febbraio 1962. Ha vinto tre volte il Premio Lunezia, nel 2004, nel 2014 e nel 2020
Rock Piero Pelù è nato a Firenze, il 10 febbraio 1962. Ha vinto tre volte il Premio Lunezia, nel 2004, nel 2014 e nel 2020

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