Lo stile di Gatti è l’originalità a tutti i costi
La musica è frammentata ai limiti del divisionismo ma lo sguardo ne sa scrutare il disegno complessivo. Il passo non è rapido ma comunque nervoso, reattivo; bello quando governa il groviglio delle linee, nel caso anche rinunciando alla lettera di una verticalità al millimetro. Il finale è estenuato ma non decadente. Nulla di dimostrativo: niente modernismo, niente tardoromanticismo dall’altro. E questo è un bene, perché se il direttore ha un difetto, a volte, è proprio quello di volersi distinguere, costi quel che costi, per un taglio interpretativo «originale».
Queste le coordinate esecutive della Nona di Mahler diretta da Daniele Gatti con la Filarmonica della Scala, in un concerto (replica stasera) della stagione del teatro. Cade, tale concerto, nel momento in cui il nome di Daniele Gatti è sulla bocca di tutti quale maestro designato a succedere a Riccardo Chailly come direttore musicale. Per alcuni è cosa fatta. Ma occorre che il nuovo sovrintendente, che per legge ha la facoltà ma non l’obbligo di tal nomina, la pensi allo stesso modo. Si vedrà.
Il concerto, applauditissimo, dice anche che la Filarmonica è una corazzata ma non al suo meglio. Superba la prova delle prime parti — straordinaria la viola, ad esempio — ma i secondi violini non brillano come i primi e i violoncelli sono un po’ leggeri rispetto ai formidabili contrabbassi. Piccoli dettagli minano quella perfetta coesione che con certi direttori l’orchestra produce, con altri (vedi dittico Cavalleria e Pagliacci ora in scena) neanche un