Fine corsa
Due maestri ai titoli di coda: sabato si affrontano Milan e Juve alle prese con un cambio difficile
Tutti uniti, fino alla fine. Poi, con ogni probabilità, ognuno per la sua strada. Lo scenario che attende il Milan in questo tribolato finale di stagione è esattamente questo: cinque partite per provare a chiudere nel migliore dei modi (si fa per dire) per poi tracciare un bilancio definitivo, che riguarderà innanzi tutto l’allenatore. Anche se non basterà cambiare guida tecnica per risolvere tutti i problemi: meglio metterselo bene in testa. Il destino di Stefano Pioli appare segnato, colpi di scena sono altamente improbabili. Il sostegno di management e proprietà tuttavia da qui alla fine non mancherà, perché prima di tutto viene la corsa al 2° posto, l’ultimo obiettivo rimasto. Concetto ribadito ieri anche dal presidente Paolo Scaroni, che dopo una battuta sull’ex dt Maldini ha detto: «Se posso confermare che Pioli non sarà l’allenatore la prossima stagione? No, non ve lo confermo — le sue parole all’evento organizzato dal Foglio Sportivo —. Il nostro allenatore è lui, fino alla fine della stagione. Conto che ci faccia vincere le partite che servono per garantirci il secondo posto in classifica. Poi a fine stagione lui e la dirigenza faranno le valutazioni per il futuro».
Già. E a giugno, dopo quattro anni e mezzo, il Diavolo quasi certamente volterà pagina. Non sarà facile trovare un erede all’altezza, perché — al di là della maledizione dei derby — il suo bilancio è positivo: lo scudetto, la semifinale di Champions, la valorizzazione di talenti come Tonali, Hernandez, Leao. Comunque vada a finire, il suo nome resterà nella storia del club, in quell’elenco ristretto che include i padri della patria rossonera, insieme a Rocco, Liedholm, Sacchi, Capello, Ancelotti. La riconoscenza nei suoi confronti è doverosa. Anche per lo stile, l’atteggiamento: mai una parola fuori posto. Ma la sensazione di essere alla fine di un ciclo è forte. Anche dentro a Milanello. L’identikit del sostituto è chiaro: giovane, dal profilo internazionale, con idee moderne, compatibile col progetto Redbird.
I possibili sostituti
Nelle ultime ore ha preso quota l’ipotesi Farioli, tecnico 35enne del Nizza, italiano, ex collaboratore di De Zerbi. L’esperienza non è il suo punto forte, ma ha idee. Altri nomi che circolano sono Lopetegui, Fonseca, Van Bommel, Tedesco. Queste settimane saranno decisive per la scelta, che sarà collegiale, con Furlani, Ibra e Moncada a organizzare il casting e Cardinale con l’ultima parola. La ripartenza dopo il derby-incubo inizia ora: vietato sbagliare. Anche perché
percoppa e questo è importante per la società, anche a livello economico», diceva l’allenatore dopo aver strappato il biglietto per la finale, all’olimpico. Al menù, di impegni (e incassi), andrà aggiunto il Mondiale per club.
Ogni altra domanda — o meglio, risposta — è ormai bandita dalle sue conferenze, soprattutto se gli si chiede ciò che sarà. Come è immutata la posizione di Madama: a giochi fatti — è il messaggio —, cioè a qualificazione europea in tasca, si parlerà del futuro. Posizione blindata, e obbligata, finché si è in battaglia sul prato, difendendo squadra e allenatore. Che ha comunque un altro anno di contratto. Di certo, per recente investitura pubblica di John Elkann, ad dell’azionista di maggioranza (Exor), l’unico punto fermo è il boss dell’area tecnica, Cristiano Giuntoli: uno che, per piglio e background, non si fa prendere dell’ansia. Neppure in questi mesi turbolenti, con una calma da Ecclesiaste: per ogni cosa c’è il suo momento.
Critiche? Colpa nostra
Sullo sfondo, rimane la telemetria di una stagione complicata, come faceva capire lo stesso Allegri: «Le critiche alla Juve ci sono sempre, la colpa è nostra perché abbiamo fatto un girone di andata che nessuno si aspettava. In quel momento tutti pensavano potessimo lottare con l’inter, ma io temevo il ritorno». Fin qui inquietante: 18 punti in 14 partite, eguagliando il record negativo del 2009/10. Dopo aver girato a -2 dall’inter. L’inquietudine s’allunga considerando le tre stagioni dell’allegri Parte seconda, radicalmente diverse dal (primo) quinquennio trionfale. Il che è anche comprensibile — per non poche ragioni, tra cui lo tsunami economico-giudiziario — ma non esaurisce le spiegazioni di troppi flop: il fallimentare percorso europeo della scorsa stagione, l’attuale ritorno, una proposta di gioco tenuta insieme dai risultati, che sono tutto o niente. Di pari passo, s’è aperta una frattura nel tifo, dal virtuale (sui social) al reale (allo Stadium), come guelfi e ghibellini. Al punto da prendersela pure con la telecronaca — «ideologica» — di Riccardo Trevisani su Canale 5, l’altra sera. Così, tra le chiacchiere dei procuratori e le smentite (passate e attuali) del club, si dibatte di Thiago Motta, in testa alle primarie, in caso di rivoluzione. Nonostante il Bologna abbia pronto il rinnovo per il tecnico: che però, ha visione e busta paga (1,2 milioni a stagione) da far ingolosire chiunque (dal Barcellona al Psg). Allegri attende, spesso con una faccia da triste, solitario y final: che lui, almeno, vorrebbe vincente.