Fenomenologia dei «musicarelli» tra ottimismo e lieto fine
Ogni tanto, Rete4 propone un «musicarello», uno di quei film degli anni Sessanta imperniato su una canzone di successo che talvolta dà il titolo al film stesso. Per capire questo singolare fenomeno che intreccia il mondo della canzone, quello del cinema ma anche quello della tv, è appena uscito un prezioso libro di Marta Cagnola e Simone Fattori, «Musicarelli. L’italia degli anni ’60 nei film musicali» (Vololibero).
C’è tutto, proprio tutto, su questo sottogenere (così era considerato dalla critica) che, riprendendo gli stilemi del fotoromanzo, racconta «storie che hanno inevitabilmente un lieto fine, con amori romantici che diffondono ottimismo e speranza nella gioventù italiana cresciuta tra gli stenti della guerra e della ricostruzione». Storie con lieto fine veri, se pensiamo ai matrimoni di Gianni Morandi con Laura Efrikian e di Al Bano con Romina Power, galeotto il musicarello.
Il filone assolve primariamente la funzione di mostrare i cantanti più in voga e far sentire le hit musicali del momento a un pubblico essenzialmente di provincia che già conosce le canzoni e i divi attraverso la radio e la tv e vuole riconoscerli anche sul grande schermo. Il successo del musicarello coincide infatti con la nascita di nuovi stili musicali, dello slang giovanile e delle nuove mode, a cominciare dai jeans e dalla minigonna. Di solito, i film fondativi del genere sono considerati «I ragazzi del jukebox» del 1959 e «Urlatori alla sbarra» (1960) entrambi diretti da Lucio Fulci. Forse bisognerebbe risalire a film come «Carosello Napoletano» (1954) diretto da Ettore Giannini, con Sophia Loren, Paolo Stoppa e ai molti film «musicali» che venivano distribuiti solo al Sud, ma già c’è troppo da riflettere su «In ginocchio da te» o su registi come Domenico Paolella, Piero Vivarelli, Ettore Maria Fizzarotti. Il libro è un formidabile baedeker per immergersi nel mondo più pop di un decennio irripetibile quando nei jukebox delle rotonde sul mare convivevano Elvis Presley con Little Tony, i Beatles con Mal dei Primitives, quando la tv ci regalava i più bei varietà della sua storia, prima che una cupa politica suonasse un’altra musica ponendo fine a quei sogni.