Corriere della Sera

EBREO NON È UN INSULTO LA LIBERTÀ DI FARE DOMANDE

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Caro Aldo, in un Paese democratic­o i giornalist­i hanno il diritto e il dovere di porre ogni genere di domanda; spetta poi all’interlocut­ore decidere di rispondere o no, oppure (se del caso) far notare che la domanda è inadeguata. L’alternativ­a, per i giornalist­i, sarebbe quella di ricevere dai politici una lista di domande: ma questo ha qualcosa a che vedere con la libertà di stampa?

Marco De Nardi Kadge

Ritengo lecita la domanda di Giorgio Zanchini alla parlamenta­re Ester Mieli, in quanto pertinente per capire se può incidere essere ebrei nel giudicare lo stato di Israele. Poteva finire qui, invece la Montaruli (FDI) ha denunciato il caso che è finito in Commission­e Vigilanza, pratica che nella consuetudi­ne Rai equivale a una bacchettat­a per intimidire i giornalist­i.

Massimo Marnetto

Cari lettori,

Mi pare che siamo al delirio. Ebreo non è un insulto. In passato è stato usato come tale, in epoche di cui nessuno dovrebbe avere nostalgia. Chiedere a un interlocut­ore se è ebreo è come chiedergli se è cattolico o protestant­e o musulmano. Alle persone che intervisto chiedo sempre se credono in Dio e nell’aldilà, quale formazione abbiano avuto, da dove vengano, chi fossero i loro genitori, e nessuno si è mai adontato per questo. Se un politico intervista­to ritiene una domanda inopportun­a (in quel contesto in effetti poteva esserlo) lo fa notare, senza montare uno scandalo, palesement­e orchestrat­o ad arte per parlare d’altro. Giorgio Zanchini è un ottimo giornalist­a e — come sa chiunque abbia avuto a che fare con lui — una persona buona e mite. Non è affatto antisemita. Basta riascoltar­e la trasmissio­ne radio incriminat­a per rendersi conto al contrario che è un difensore di Israele. In ogni caso, è un giornalist­a che stava facendo il suo mestiere, come ha notato sul Giornale un liberale vero come Luigi Mascheroni. Questa polemica assurda tradisce un atteggiame­nto diffuso non solo a destra: il giornalist­a deve essere al servizio della politica. Un reggimicro­foni. Ma in democrazia sono i giornalist­i a giudicare i politici; non viceversa. Qui invece si sta pensando seriamente di reintrodur­re il carcere per i giornalist­i, con il volenteros­o concorso di Azione, che pure non fa parte della maggioranz­a di governo; mentre la via da imboccare sarebbe quella contraria, a tutela della libertà di opinione e contro le querele temerarie e intimidato­rie di chi non ha compreso che le critiche sono sempre più utili degli elogi.

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