Anche Sciences Po teatro di scontri Occupazione finita dopo due giorni
«Liberate la Palestina!», gridano in coro i 2-300 studenti in kefiah che occupano rue Saint Guillaume, sede principale di Sciences Po. «Liberate Gaza da Hamas!», «Liberate gli ostaggi!», rispondono una cinquantina di persone pro-israele, di tutte le età, che arrivano all’improvviso con le foto dei prigionieri ancora nelle mani di Hamas, e cartelli con le scritte «due Stati per due popoli» e «Israele vivrà».
I due campi si affrontano per qualche minuto aumentando il volume delle grida e dei megafoni, finché cinque giovani vestiti completamente di nero e con il viso coperto si fanno largo e vanno addosso agli studenti filo-palestinesi cercando lo scontro. Dopo qualche spintone sono fermati dai filo-israeliani più moderati, due signore urlano nel megafono «no alla violenza», ma è il segno che la situazione rischia di precipitare. I ragazzi pro-palestina ora gridano in italiano «siamo tutti antifascisti!» mentre arrivano gli agenti in tenuta anti-sommossa, che separano i due schieramenti e li tengono lontani, prima di evacuare la strada e l’edificio come chiede il prefetto di Parigi.
Quel che dal 7 ottobre è la più grande paura delle autorità, ovvero l’importazione in Francia del conflitto medioorientale, si è materializzata per fortuna senza gravi conseguenze ieri davanti a Sciences Po, la culla delle élites francesi, la scuola universitaria dove hanno studiato i presidenti Emmanuel Macron, François Hollande e Jacques Chirac, ma anche gli scrittori Emmanuel Carrère e Leila Slimani o il capolista socialista alle europee Raphaël Glucksmann. Nonostante una crisi della governance e le dimissioni ripetute dei vertici, Sciences Po è in cima alle migliori istituzioni educative del mondo (prima in Europa e seconda nel mondo dietro a Harvard nella categoria «Politics» secondo l’ultima classifica QS 2024).
Da due giorni questa fabbrica del potere a venire è occupata da qualche centinaio di militanti pro-palestina (su un totale di circa 5.000 studenti), che hanno cominciato le manifestazioni settimane fa, ma adesso radicalizzano la protesta e pretendono la fine di ogni collaborazione di Sciences Po con le istituzioni accademiche israeliane e la «fine della complicità con il genocidio». «Israël assassin», gridano avvolti nelle bandiere palestinesi, mentre attaccano sui muri gli adesivi «Russia esclusa dai Giochi? Israele escluso!» per chiedere di allontanare gli atleti israeliani dall'olimpiade che comincia fra tre mesi.
Come nei campus nordamericani non c’è traccia di una possibile distinzione tra israeliani e governo di Israele, e Gaza non viene nominata perché a dovere essere «liberata» è tutta la Palestina; non c’è traccia della questione degli ostaggi, né di Hamas, né del massacro compiuto dai terroristi il 7 ottobre, cosa che riempie di altri significati la mobilitazione contro le atrocità commesse su ordine del premier Netanyahu e l’ovvia compassione per gli oltre 30 mila morti palestinesi.
Dopo molte ore di tensione e di trattative con la partecipazione di alcuni deputati della France Insoumise, il partito di sinistra radicale di Jean-luc Mélenchon schierato con gli studenti pro-palestina, la direzione di Sciences Po ha annunciato un accordo che accoglie in gran parte le richieste degli studenti in lotta: fine dell’occupazione in cambio dell’organizzazione di un dibattito interno e la sospensione dei procedimenti disciplinari già avviati contro alcuni manifestanti (per esempio chi aveva impedito l’accesso a una studentessa qualificata come «sionista»). Tra i temi del dibattito, la questione dei rapporti «con università e organizzazioni che sostengono lo Stato di Israele».