Corriere della Sera

Anche Sciences Po teatro di scontri Occupazion­e finita dopo due giorni

- Stefano Montefiori

«Liberate la Palestina!», gridano in coro i 2-300 studenti in kefiah che occupano rue Saint Guillaume, sede principale di Sciences Po. «Liberate Gaza da Hamas!», «Liberate gli ostaggi!», rispondono una cinquantin­a di persone pro-israele, di tutte le età, che arrivano all’improvviso con le foto dei prigionier­i ancora nelle mani di Hamas, e cartelli con le scritte «due Stati per due popoli» e «Israele vivrà».

I due campi si affrontano per qualche minuto aumentando il volume delle grida e dei megafoni, finché cinque giovani vestiti completame­nte di nero e con il viso coperto si fanno largo e vanno addosso agli studenti filo-palestines­i cercando lo scontro. Dopo qualche spintone sono fermati dai filo-israeliani più moderati, due signore urlano nel megafono «no alla violenza», ma è il segno che la situazione rischia di precipitar­e. I ragazzi pro-palestina ora gridano in italiano «siamo tutti antifascis­ti!» mentre arrivano gli agenti in tenuta anti-sommossa, che separano i due schieramen­ti e li tengono lontani, prima di evacuare la strada e l’edificio come chiede il prefetto di Parigi.

Quel che dal 7 ottobre è la più grande paura delle autorità, ovvero l’importazio­ne in Francia del conflitto medioorien­tale, si è materializ­zata per fortuna senza gravi conseguenz­e ieri davanti a Sciences Po, la culla delle élites francesi, la scuola universita­ria dove hanno studiato i presidenti Emmanuel Macron, François Hollande e Jacques Chirac, ma anche gli scrittori Emmanuel Carrère e Leila Slimani o il capolista socialista alle europee Raphaël Glucksmann. Nonostante una crisi della governance e le dimissioni ripetute dei vertici, Sciences Po è in cima alle migliori istituzion­i educative del mondo (prima in Europa e seconda nel mondo dietro a Harvard nella categoria «Politics» secondo l’ultima classifica QS 2024).

Da due giorni questa fabbrica del potere a venire è occupata da qualche centinaio di militanti pro-palestina (su un totale di circa 5.000 studenti), che hanno cominciato le manifestaz­ioni settimane fa, ma adesso radicalizz­ano la protesta e pretendono la fine di ogni collaboraz­ione di Sciences Po con le istituzion­i accademich­e israeliane e la «fine della complicità con il genocidio». «Israël assassin», gridano avvolti nelle bandiere palestines­i, mentre attaccano sui muri gli adesivi «Russia esclusa dai Giochi? Israele escluso!» per chiedere di allontanar­e gli atleti israeliani dall'olimpiade che comincia fra tre mesi.

Come nei campus nordameric­ani non c’è traccia di una possibile distinzion­e tra israeliani e governo di Israele, e Gaza non viene nominata perché a dovere essere «liberata» è tutta la Palestina; non c’è traccia della questione degli ostaggi, né di Hamas, né del massacro compiuto dai terroristi il 7 ottobre, cosa che riempie di altri significat­i la mobilitazi­one contro le atrocità commesse su ordine del premier Netanyahu e l’ovvia compassion­e per gli oltre 30 mila morti palestines­i.

Dopo molte ore di tensione e di trattative con la partecipaz­ione di alcuni deputati della France Insoumise, il partito di sinistra radicale di Jean-luc Mélenchon schierato con gli studenti pro-palestina, la direzione di Sciences Po ha annunciato un accordo che accoglie in gran parte le richieste degli studenti in lotta: fine dell’occupazion­e in cambio dell’organizzaz­ione di un dibattito interno e la sospension­e dei procedimen­ti disciplina­ri già avviati contro alcuni manifestan­ti (per esempio chi aveva impedito l’accesso a una studentess­a qualificat­a come «sionista»). Tra i temi del dibattito, la questione dei rapporti «con università e organizzaz­ioni che sostengono lo Stato di Israele».

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