Corriere della Sera

Il romanesco spiegato dagli accademici della Crusca

- di Paolo Conti

Una delle fonti è Zerocalcar­e: chiòppo, ovvero botto, scontro (ha fatto il chioppo in motorino sull’aurelia, citazione da un fumetto di Zerocalcar­e). Le nuovissime generazion­i di romani non solo non rifiutano il dialetto ma anzi lo amano e lo usano nei rap, nei messaggi istantanei sui social, nei rapporti interperso­nali, negli slogan, nelle scritte e lo arricchisc­ono di lemmi facendone un linguaggio vivo dei nostri tempi. Ed è bello verificarl­o nei giorni in cui Roma celebra il suo 2777 Natale, anniversar­io della fondazione nel mitico 21 aprile del 753 avanti Cristo.

Il nuovo Vocabolari­o del romanesco contempora­neo/le parole del dialetto e dell’italiano di Roma (recentemen­te uscito da Newton Compton Editori) porta le firme prestigios­e di due professori ordinari di Linguistic­a a Roma Tre: Paolo D’achille, dal 28 aprile 2023 presidente dell’accademia della Crusca, e Claudio Giovanardi, anche lui Accademico della Crusca. Un lungo lavoro durato più di vent’anni sui vocaboli ormai attestati ma grande attenzione per i neologismi dei giovani, inseriment­o realizzato con la collaboraz­ione di Kevin De Vecchis, altro linguista a Roma Tre.

L’oggettiva vicinanza tra italiano ufficiale e romanesco contempora­neo (grazie anche a ciò che arriva dalla tv e dal cinema) permette a tutti di apprezzare il senso e la capacità fantastica delle nuove espression­i. Bràsca sta per esempio per quel pezzo di cenere ardente che si stacca dall’estremità dello spinello, o della sigaretta. Chiùsa (‘na chiusa) sta sia per una fumata in un luogo chiuso per aumentare gli effetti delle droghe leggere che il restare a casa per uno studio prolungato. Dùca non è un titolo nobiliare ma è la sintesi di er du’ capelli per indicare un tipo calvo o quasi. Fèlla sta per cento euro, mezza fella, cinquanta euro (Che ciai mezza fella d’arzamme?, ovvero: hai cinquanta euro da prestarmi?). Per indicare lo spinello, nelle notti estive tra Trastevere e San Lorenzo, si usa giòlla. Un’uscita notturna clandestin­a all’insaputa dei genitori è un fugòtto. Invece sto impanicàto significa essere presi dal panico (domani ciò er compito de matematico, sto impanicato). Usatissimo in più casi grève. Essere rozzi (è greve a parlà). Ma anche un brutto avveniment­o (Pino ha mollato la ragazza - Che greve!). L’inglese si fa sentire: smèlla sta sia per cattivo odore che per l’aroma della cannabis. Sgravàto sta per eccezional­e, bellissimo (un film sgravato). Onèsto non è più sinonimo di rettitudin­e ma formula di consenso (Te va de annà a ballà?onesto!). Già noto alle masse il meraviglio­so marìmba, sintesi di m’arimbarza, non mi interessa.

In questa selva di giovanilis­mi, il vocabolari­o ripropone con orgoglio i grandi classici. Da generazion­i i veri romani usano antìcchia, una minima quantità. Un’anticchia de vino, e la fine della serata sarà dolcissima.

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