Corriere della Sera

«Francesco ride un sacco e mi racconta la sua infanzia Gli dico: siamo due raghezzi»

Lino Banfi oggi in Vaticano per l’incontro tra il Papa, i nonni e i nipoti

- di Giovanna Cavalli

Ormai lei è di casa, in Vaticano. «Glielo dico sempre, a papa Francesco. “Santità, quando lei sta un po’ incavoleto, mi faccia chiamare, che ci penso io”. Mi ha preso in parola. Da un anno la nostra amicizia si è consolidat­a, il Santo Padre mi ha fatto capire che gli sto simpatico. Ci vediamo più spesso e ridiamo tanto. “Quando vieni tu, è più sereno”, mi hanno confermato. Ho la faccia tosta io, scherzando gli ricordo che abbiamo la stessa età, ma che sono più vecchio di sei mesi e quindi mi deve rispettare come anziano», racconta amabile Lino Banfi, 87 anni, che stamattina partecipa all’evento «La carezza e il sorriso», nell’aula Paolo VI, un incontro tra il Pontefice e seimila nonni e nipoti, come una grande riunione di famiglia.

Non poteva mancare lei, il nonno d’italia.

«Proprio così, è stato papa Francesco in persona a volermi invitare, tramite monsignor Paglia, che mi ha promosso a “nonno d’europa”. Come vincere un Oscar. E io, davanti a tutti quei nonni e nipoti, nominerò lui l’abuelo del mundo, il nonno del mondo».

Ormai siete in confidenza.

«Due mesi fa, quando ci siamo incontrati l’ultima volta, mi sono buttato: “Santità, lei dice che siamo amici. E allora mi permetto di chiederle un favore. Vorrebbe fare una foto insieme a me?”. E quando si è alzato dalla sedia, ho osato ancora: “Tolga quel bastone però, non le serve, siamo due raghezzi noi”. E così ci siamo scattati quella foto noi due soli, a braccetto».

Di che parlate quando siete insieme?

«Dei nostri affetti. Lui mi racconta di quando era piccolo in Argentina, io della mia famiglia umile e dei tempi della guerra».

I suoi film li ha visti?

«Pochi. Ma gli piace tanto Il commissari­o Lo Gatto, del 1986, diretto da Dino Risi. Che comincia proprio con un delitto in Vaticano. Io, che interpreto il commissari­o, vengo convocato da papa Giovanni Paolo II che mi dice: “Mi raccomando, deve trovare il colpevole”, con la voce di Fabio Fazio. E io rispondo: “Certo Santità. A proposito, lei l’altra sera dov’era?”. Per aver osato chiedere un alibi al Papa, il commisseri­o viene spedito all’isola di Favignana».

Povero Lo Gatto.

«Visto che ci siamo, voglio annunciare che farò un docufilm sulla mia vita, finché sto ancora qui, meglio no? E scriverò un libro, il titolo è: Ho fatto ridere tre Papi».

Intanto è il nonno ideale.

«L’ho imparato per bene. Prima sul set di Un medico in famiglia, 286 episodi. E poi, quando tornavo a casa, con i miei nipotini Virginia e Pietro, figli di Rosanna, ormai due “nipotoni”».

E il suo com’era?

«Nonno Giuseppe era stupendo. A Canosa di Puglia mi portava in bicicletta e all’orto. Durante la guerra, quando suonavano le sirene per le bombe, mi gridava: “Corri Pasqualino! Corri!”. E si raccomanda­va: “Porta i tuoi pupazzi, così fai ridere i bambini”. Erano due bambocci di creta e legno, costruiti da me, li chiamavo Orlando e Rinaldo. Ci facevo le scenette di loro due che litigavano. “Vieni, disgraziet­o, che ti spezzo la noce del capocollo”. Questa frase l’ho inventata da bambino».

Il film preferito Al Pontefice piace tanto il commissari­o Lo Gatto, che inizia proprio con un delitto in Vaticano

Poco dopo avrebbe scoperto la sua vera vocazione.

«Andai a fare il seminarist­a, dagli 11 ai 15 anni. In V ginnasio fui cacciato perché troppo impertinen­te. Piangevo a dirotto. “Zagaria, perché piangi?”, mi chiese il vescovo Di Donna. “Perché dovrò ripetere l’anno e papà si arrabbierà”. Mi consolò così: “Tranquillo, la tua missione non è fare il prete, ma è di fare ridere”. E quello in effetti mi veniva naturale. Alle recite scolastich­e magari ero Giuda o San Giovanni, ma appena aprivo bocca si sganasciev­eno tutti».

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In famiglia Lino Banfi con la moglie (scomparsa nel 2023) e i nipoti Virginia e Pietro

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