Quei due uomini sospetti davanti all’auto di Giambruno Il giallo e l’indagine sugli 007
L’episodio a novembre. Mantovano: ma non c’entrano i Servizi
È notte fonda, tra il 30 novembre e il 1° dicembre scorsi. Da oltre un mese Giorgia Meloni ha annunciato, via Facebook, la fine della sua storia d’amore con Andrea Giambruno, lasciato dopo che Striscia la notizia aveva trasmesso i fuorionda del giornalista con ripetute frasi sessiste. Sono giorni difficili per la famiglia della leader di Fratelli d’italia. E il quotidiano Domani racconta un episodio che, se confermato dalle indagini del procuratore capo di Roma Francesco Lo Voi, innescherebbe un giallo da spy story attorno a Palazzo Chigi.
Quella notte, fuori dalla villa appena acquistata dalla premier, a Roma Sud, c’è l’auspettati to di Giambruno, mentre Meloni è impegnata in una missione all’estero. E a poca distanza c’è una volante della polizia che sorveglia. Gli agenti notano due persone che armeggiano attorno alla macchina di Giambruno, con tanto di luce. I poliziotti, sempre secondo quanto ricostruito dal Domani, si avvicinano e chiedono le generalità ai due, che però avrebbero mostrato un distintivo qualificandosi come «colleghi», per poi dileguarsi. I poliziotti inviano subito un rapporto alla Digos. Viene informato direttamente il capo della polizia Pisani, e a cascata il ministro dell’interno Piantedosi, il sottosegretario con delega ai servizi segreti Mantovano, l’allora capo dell’aisi Parente e il suo braccio destro Del Deo. Oltre chiaramente a Meloni, che rimane sbigottita.
Cosa facevano quegli uomini attorno all’auto del suo ex compagno? Stavano cercando qualcosa? Oppure, ipotesi più inquietante, stavano cercando di piazzare una cimice o un gps per localizzare Giambruno? Il rapporto finisce in procura e il capo dei pm romani, Lo Voi, se ne occupa in prima persona. A eseguire le prime indagini sono gli agenti dell’agenzia informazioni e sicurezza interna (Aisi), che lavorano per identificare i due uomini e per capire se tale episodio stesse mettendo a rischio o meno la sicurezza delle nostre istituzioni. Grazie anche alla descrizione dell’agente che si era trovato faccia a a faccia con i sedicenti «colleghi» alle 3 di notte, i sosarebbero stati individuati in maniera rapida. Con grande sorpresa, viene fuori che si tratta di due agenti segreti che fanno parte della nutrita scorta di Meloni. O per la precisione, secondo fonti consultate dal Corriere: due agenti di cui la medesima leader di FDI aveva chiesto l’allontanamento da tempo. Una scelta di cui non sono però noti i motivi.
Nel «Giambruno-gate», a questo punto, ci sarebbero tutti gli ingredienti per ipotizzare un complotto di pezzi dei Servizi segreti. La premier, che come caposcorta ha scelto il marito della sua segretaria personale Patrizia Scurti, chiede chiarezza. E investe direttamente il sottosegretario Mantovano, Autorità delegata per la sicurezza, con Elisabetta Belloni, capo dell’intelligence nazionale.
A questo punto, però, si verifica un altro colpo di scena. Dall’aisi cambiano versione: i due uomini identificati non sarebbero più agenti della medesima agenzia di sicurezza, bensì una banale coppia di ricettatori. Tutt’altra verità, insomma, molto meno imbarazzante.
Ma il punto finale, almeno ufficialmente, lo potrà mettere solo l’inchiesta della Procura di Roma. Intanto sul caso è intervenuto il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Mantovano: «Dell’episodio ho puntualmente riferito — quale Autorità delegata per la sicurezza della Repubblica — nella mia ultima audizione al Copasir il 4 aprile scorso. Non ho difficoltà a ribadire quanto già chiarito nella sede parlamentare: gli accertamenti svolti per la parte di competenza dell’intelligence hanno consentito con certezza di escludere il coinvolgimento nell’episodio di appartenenti ai Servizi, e che la sicurezza del presidente Meloni non è mai stata posta a rischio».
Ai vertici
Il caso potrebbe aver influito sulla scelta del sostituto di Parente, Valensise, del Dis
Mentre chi conosce i delicati equilibri dell’intelligence fa notare: «A inizio aprile, alla vigilia di un periodo delicatissimo con Europee e G7, quando Meloni ha deciso il nome del sostituto di Parente al vertice Aisi, la premier ha virato su Bruno Valensise del Dis, pedina esterna, e non su Giuseppe Del Deo, vice del medesimo Parente all’aisi». Una decisione sulla quale, forse, hanno influito le ombre del «Giambruno-gate».